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MATERIALE - Studio Legale Maria Mancini - Usura Bancaria e Anatocismo

Studio Legale Mancini

COMPETENZA INTEGRATA GIURIDICA E TECNICO ECONOMICA
Studio Legale Mancini Recupero interessi e costi illegittimamente applicati dalle banche

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MATERIALE

NORMATIVA
SENTENZE
LA NUOVA LEGGE sull’'USURA
(SINTESI)

LE VIOLAZIONI PIU’ FREQUENTI:
  1. INDETERMINATEZZA DEL TASSO
  2. ERRATA APPLICAZIONE DEL TASSO NOMINALE – TASSO EFFETTIVO
  3. MANCATA APPLICAZIONE DELLE VARIAZIONI TEMPO PER TEMPO INTERVENUTE
  4. ERRATA APPLICAZIONE DELLE VALUTE
  5. VIOLAZIONE DELLA LEGGE SULL’USURA SUPERAMENTO DEI "TASSI SOGLIA"

La nuova normativa
L’attuale legge "anti-usura" : n° 108 del 7 marzo 1996 ( in vigore a tutti gli effetti il 3/4/1997) sostituisce definitivamente gli artt.644 e 644 bis del cod. pen. ( riguardanti rispettivamente l’usura vera e propria e quella impropria: la prima quando l'usurato versa in stato di bisogno e l’altra quando l’usurato svolge attività imprenditoriale o professionale e si trova in condizioni di difficoltà economiche - finanziarie.
art.1 della predetta legge è il seguente:
Chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire sei milioni a lire trenta milioni.Alla stesse pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica e finanziaria.Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà: (1) se il colpevole ha agito nell’esercizio di un’attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare, (2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni in quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari; (3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno; (4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale; (5) se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l’esecuzione.Nel caso di condanna o di applicazione di pena ai sensi dell’art.444 CPP, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni e utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.
Le novità sostanziali introdotte dalla predetta legge consistono:
1) Nel considerare lo stato di bisogno o di difficoltà economico-finanziaria non più necessarieper la configurazione del reato di usura, bensì quali aggravanti del reato stesso. (art.1).
2) Nel determinare (art.2) un limite di tasso oltre il quale gli interessi sono sempre usurari: "tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella G.U., relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà".
La predetta rilevazione, effettuata trimestralmente dal Ministero del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC),
  1. individua il tasso effettivo globale medio annuo (comprensivo di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse solo quelle per imposte e tasse) applicato da banche e società finanziarie nel trimestre precedente;
  2. tiene conto della variazione del tasso ufficiale di sconto (T.U.S.) correggendo i predetti valori;
  3. comporta la classificazione per categorie di operazioni omogenee in base alla natura,oggetto, importo, durata, rischi e garanzie delle operazioni;
  4. prevede la pubblicazione sulla G.U. dei tassi medi rilevati.
3) Nell’inasprimento delle sanzioni (reclusione da uno a sei anni e multa da 6 a trenta milioni di lire.
4) Nella previsione di nuove ipotesi di aggravanti ( che fanno aumentare la pena da un terzo alla metà ) riguardanti l’attività bancaria in genere e l’attività di credito mobiliare alle imprese.
5) Nella determinazione della prescrizione (art.11) del reato di usura, decorrente dall’ultimariscossione sia degli interessi che del capitale.
6) Nell’introduzione di novità sanzionatorie:
  1. confisca dei beni di cui l’imputato non può giustificare la provenienza (art.6);
  2. incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (art.7).
7) Nell’introduzione di novità procedurali:
  1. facoltà di procedere ad intercettazioni telefoniche (art.8);
  2. applicazione di alcune norme già vigenti per la prevenzione della delinquenza di tipomafioso (art.9);
  3. possibilità per le associazioni e fondazioni riconosciute per la prevenzione del fenomeno dell’usura di costituirsi parte civile nei giudizi penali contro l’usura stessa (art.10).
8) Nella variazione degli effetti, in campo civilistico, di ipotesi di usura con l’abrogazione del comma 2, art.1815 cod.civ. che sanciva la nullità integrale del patto (usurario) rende orainesistente ogni previsione contrattuale di interessi in misura usuraria, per cui il debitore puòrestituire il solo capitale.
9) Nella istituzione di due FONDI:
  1. Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura (art.14): si applica ai soli fatti verificatisi a partire dall’01/01/1996 ed è destinato all’erogazione di mutui a soggetti esercenti attività imprenditoriale o di lavoro autonomo che siano parti offese in procedimenti penali per il reato di usura;
  2. Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura (art.15): destinato all’erogazione dicontributi a Consorzi o Cooperative di garanzia collettiva fidi ("CONFIDI") oppure aFondazioni e Associazioni riconosciute (in quanto aventi le caratteristiche determinate dal M.ro del Tesoro) per la prevenzione del fenomeno dell’usura. Tutti i predetti Enti possono infatti contribuire alla prevenzione del fenomeno dell’usura garantendo le banche per finanziamenti a medio termine o linee di credito a breve termine a favore di piccole e medie imprese che già si sono viste rifiutare da una banca una domanda di intervento.
10) Nella penalizzazione (art.16) – con l’arresto fino a due anni ovvero con l’ammenda da 4 a 20 milioni – della canalizzazione di clientela verso finanziatori privati legati con la criminalitàorganizzata.
11) Nella introduzione (art.16) di una nuova attività: quella di mediazione o di consulenzanella concessione di finanziamenti da parte delle banche o di intermediari finanziari.
Ogni mediatore o consulente dovrà iscriversi in un apposito ALBO istituito presso il Ministero del Tesoro cui spetta la relativa autorizzazione preventiva nonché controllo l’assistenza dell’U.I.C. In conseguenza di quanto precede chi esercita la predetta attività senza essere iscritto regolarmente nell’ALBO è punito con la reclusione da 6 mesi a quattro anni e con la multa da 4 a 20 milioni di lire.
12) Nella istituzione della cosiddetta RIABILITAZIONE del debitore protestato: ossia un provvedimento accordato dal Presidente del Tribunale competente purché:
  1. sia stata adempiuta l’obbligazione per la quale è stato elevato il protesto;
  2. sia decorso almeno un anno dal protesto stesso senza che il debitore sia stato nuovamente protestato.
Il relativo decreto di riabilitazione ha l’effetto di far considerare il protesto come mai avvenutoviene pubblicato nel Bollettino dei Protesti.
Soggetti Coinvolti
La Legge 7 marzo 1996 n.108 sull’usura non esclude alcun soggetto, neppure le banche che peraltro sono già soggette ad un regime di controllo amministrativo tramite l’Istituto di Vigilanza che è la Banca d’Italia. Quest’ultima, sin dal 1994 – e quindi precedentemente all’emanazione della legge in questione – aveva invitato le banche a:
sensibilizzare la propria clientela sui rischi insiti nel richiedere prestiti a soggetti non legittimati a svolgere attività di finanziamento;attivaremeccanismi e procedure di controllo interno al fine di verificare che non sia svolta da parte di dipendenti alcuna attività di sostegno a fatti d’usura;evitare la concessione di crediti non direttamente giustificati dall’attività economica del cliente laddove, in relazione ai flussi finanziari dello stesso e alle modalità concrete dell’operazione possa presumersi un utilizzo di attività finanziarie illegali.
La nuova legge inoltre prevede proprio per le banche, qualora nella loro molteplice attività possa configurarsi il reato di usura, un aggravamento della pena stessa: ossia la reclusione fino a un massimo di 9 anni e la multa fino a un massimo di 45 milioni.
Nessuna sanzione, invece, è prevista per l’usurato (ossia chi ricorre al credito ad usura: cosa che non può non nuocere alla collettività:
sia favorendo in primo luogo il riciclaggio del denaro sporco e quindi collaborando, anche se indirettamente con la malavita;sia provocando situazioni di insolvenza che danneggiano le relazioni d’affari con chi si è indebitato ad usura.
Gli aspetti civilistici
L’articolo 4 della Legge 7 marzo 1996 n. 108 prevede che la clausola, in base alla quale sono previsti interessi, è nulla se gli stessi risultano usurari.
Pertanto, poiché solo tale clausola è nulla ma non l’intero contratto di mutuo, ne deriva che il debitore può impugnare il contratto stesso, dal momento che questo rimane in essere, se gli interessi risultano usurari. In caso contrario risulterebbe particolarmente danneggiato dovendo subito restituire il capitale, da lui detenuto senza alcun titolo essendo nullo il contratto di mutuo.
Inoltre la nullità della clausola degli interessi comporta che il debitore, oltre a non doverli corrispondere (fermi restando, comunque, i termini di rimborso del capitale) non deve nulla né per commissioni, né per spese in quanto tali voci concorrono alla composizione del tasso usurario.
Tale procedura, con l’abbandono del sistema della "reductio ad aequitatem" che lasciava a carico del mutuatario gli interessi al tasso legale, viene a punire anche in campo civilistico, l’usuraio mentre favorisce sempre i debitori che non sempre risultano meritevoli di tutela.
Il debitore, inoltre, quale persona offesa del reato, ha diritto sia alla restituzione degli interessi (tutti gli interessi ed accessori pagati, non soltanto la parte esorbitante la soglia del tasso consentito) sia al risarcimento dei danni: non solo morali ma anche patrimoniali (art.14, comma 4 della citata legge) per aver dovuto subire perdite e mancati guadagni a causa dell’usura.
Il tasso usurario
La nuova legge 7 marzo 1996 n.108 disciplina la determinazione del tasso usurario in maniera quanto più oggettiva possibile: ossia stabilendo che il tasso in questione debba considerarsiusurario quando supera il "tasso soglia".
Ciò a prescindere dalla circostanza che la natura del prenditore possa non essere tale da farlo ritenere meritevole di tutela o che il datore stesso possa avere illegalmente concesso il prestito.
Il predetto "tasso soglia", secondo quanto prescrive l’articolo 2 della legge di cui trattasi, viene determinato aumentando della metà il tasso effettivo globale – "TEG" – rilevato trimestralmente dal M.ro del Tesoro, sentiti la BANCA d’ITALIA e l’UIC (Uff. Ital. dei Cambi), in relazione ad unaclassificazione delle operazioni per categorie omogenee.
Pertanto il tasso soglia, espresso in formula matematica, è il seguente:
     ossia     
quindi, nel caso che il TEG fosse l’8,75% il tasso soglia risulterebbe pari a
Va però tenuto presente che il Legislatore non ha inteso affatto una determinazione esclusivamente rigida del tasso usurario. Infatti il 3° comma dell’art. 644 c.p. prevede che interessi anche inferiori al limite del tasso soglia possano comunque considerarsi usurari quando il prenditore si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria, cosa che però dovrà essere accertata dal magistrato.
La classificazione delle operazioni per "categorie omogenee" prevede un "primo" ventaglio di casi in quanto nel relativo D.M. 23/9/96 è adombrata la possibilità che altre classificazioni possano in seguito essere effettuate.
Attualmente le categorie sono 8 e precisamente:
cat. 1 "Apertura di credito in conto corrente"
In tale categoria rientrano anche i passaggi a debito dei conti "non affidati" e gli "sconfinamenti".
cat. 2 "Finanziamenti per anticipi su crediti e documenti e sconto di portafoglio commerciale"
Tali operazioni possono essere gestite anche senza la contabilizzazione su conto corrente.
cat. 3 "Credito personale"
Possono avere durata sia superiore che inferiore a 18 mesi.
cat. 4 "Credito finalizzato"
Trattasi di finanziamenti rateali per l’acquisto di uno o più specifici beni di consumo.
cat. 5 "Factoring"
Trattasi di anticipi a fronte di trasferimento di crediti commerciali con o senza garanzia (da parte del cedente) sulla solvenza del debitore ("pro solvendo" o "pro soluto").
cat. 6 "Leasing"
Trattasi di locazione finanziaria di beni materiali o immateriali.
cat. 7 "Mutui"
Trattasi di finanziamenti a tasso fisso o variabile, con durata superiore ai 18 mesi, assistita – anche parzialmente – da garanzie reali, con erogazione in un’unica soluzione e con rimborso tramite il pagamento di rate comprensive di capitale e interessi.
cat. 8 "Altri finanziamenti a breve ed a medio/lungo termine"
Trattasi di tutti i finanziamenti non compresi nelle precedenti 7 categorie ed in particolare:
finanziamenti non assistiti da garanzia reale ("chirografari"),finanziamenti in due o più erogazioni,finanziamenti che prevedono il pagamento in una unica soluzione del capitale e/o degli interessi.
La determinazione del T.E.G. prevista dalla legge di cui trattasi viene effettuata secondo due metodi di calcolo a seconda della categoria (di cui alla precedente classificazione) alla quale appartiene l’operazione in esame.
Per quanto concerne le categorie 1,2 e 5 il TEG è dato da:
dove I sta per interessi, N sta per "numeri" (entità contabile ottenuta moltiplicando il capitale per i giorni), O sta per oneri e A sta per accordato. Infatti, se I = n:36500 T ne deriva che T = I : (N/36500) ossia T = (I x 36500) / N. Inoltre, se O / A = T / 100 ne deriva che T = (O x 100)/A.
Per quanto riguarda, invece, le categorie sub 3, 4, 6, 7 e 8 la formula di calcolo è quella del T.A.E.G.: "costo totale del credito a carico del consumatore, espresso in percentuale annua del credito concesso" comprensivo degli interessi e di tutti gli oneri da sostenere per utilizzare il credito. Vedasi Decr. M.ro Tes. 08/07/92. Pertanto, esprimendo gli interessi con I, gli oneri con O, l’importo anticipato con A e il numero degli anni con T, avremo che
Per quanto riguarda la commissione di massimo scoperto che nella prassi bancaria viene percepita in aggiunta agli interessi debitori (ma mentre questi sono in funzione del capitale e del tempo la comm. viene invece percepita sul massimo saldo debitore – anche se durato un solo giorno - ) la Banca d’Italia ha stabilito che essa è oggetto di autonoma rilevazione (circ. 47429 01/10/96).
Pertanto la commissione in questione che, data la sua natura, non può essere considerata sic et simpliciter quale componente delle competenze a carico del debitore, come invece adombrato al comma 4 dell’art.1 della legge in questione, NON risulta, comunque affatto soppressa, ma anzi, in relazione a tutto quanto precede, rende più complessa la determinazione del TEG.
Va inoltre tenuto presente che nella determinazione dei tassi medi in questione non tutte le spese concorrono a comportare i tassi stessi. Infatti la Banca d’Italia, come dal seguente dettaglio, ha operato una distinzione tra spese ed oneri che concorrono o meno alla predetta composizione del tasso.
Elementi che vanno a comporre il tasso:
  1. le spese di istruttoria e/o di revisione del finanziamento,
  2. le "spese di chiusura" della pratica,
  3. le spese di riscossione dei rimborsi o di incasso delle rate fissate dal creditore,
  4. il costo della mediazione per l’ottenimento del finanziamento,
  5. le spese per l’assicurazione e garanzie imposte dal creditore, per invalidità, morte, ecc.
  6. ogni altra spesa contrattualmente prevista.
Elementi esclusi nella determinazione del tasso:
  1. le imposte e tasse,
  2. il recupero delle spese, anche di terzi (perizie, certificati camerali, spese postali),
  3. le spese legali ed assimilate (visure catastali, iscrizioni in pubblici registri, spese notarili, ecc.),
  4. gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti in caso di inadempienza,
  5. gli addebiti per tenuta conto, nonché quelli connessi ai servizi di incasso e pagamento e servizi accessori (spese di custodia pegno, ecc.),
  6. le altre spese di assicurazione diverse da quelle incluse sopracitate.
Quindi vengono esclusi non soltanto gli oneri per imposte e tasse collegati all’operazione.
Anche nel campo della classifica delle operazioni per la determinazione dei tassi medi esistono delle esclusioni che sono sia di carattere oggettivo (ossia in base al tipo dell’operazione) sia di carattere soggettivo (cioè tenendo conto della tipologia del prenditore. Pertanto sono escluse oggettivamente dalla classifica:
  1. le operazioni in valuta od indicizzate a parametri valutari (che talvolta raggiungono un tasso di gran lunga oltrepassante la soglia di quello usurario),
  2. le posizioni in sofferenza e cioè a favore di soggetti in stato di insolvenza od in situazioni equiparabili,
  3. i crediti ristrutturati od in corso di ristrutturazione,
  4. le operazioni a tasso agevolato e cioè i finanziamenti a tasso inferiore a quello di mercato in relazione a disposizioni legislative che prevedono il concorso agli interessi e/o l’impiego di fondi statali o regionali o di altro soggetto pubblico,
  5. le operazioni a tassi promozionali e cioè i finanziamenti concessi in relazione a campagne promozionali limitate nel tempo,
  6. le agevolazioni a tassi convenzionati e cioè i finanziamenti concessi a tassi di favore a dipendenti ed altri soggetti convenzionati sempre che, in tal caso, il tasso applicato non superi il prime rate praticato dal concedente.
Inoltre sono esclusi dalle rilevazioni (e ciò sotto il profilo soggettivo) i finanziamenti a:
  1. soggetti non residenti,
  2. Pubblica Amministrazione,
  3. Imprese di Assicurazione,
  4. Banche,
  5. Intermediari finanziari.
Malgrado, però, tutte le classificazioni e le valutazioni contabili previste dalla legge di cui trattasi per individuare il tasso soglia usurario in ciascuna delle svariate operazioni da prendere in esame, non è possibile imbrigliare totalmente la realtà del fenomeno dell’usura. Infatti il mercato dell’usura fa ricorso ad una grande molteplicità di condizioni (ad esempio: una onerosa prestazione di servizi in luogo degli interessi oppure una compravendita a termine nella quale il debitore si impegna per il riacquisto ad un prezzo molto superiore rispetto a quello della vendita iniziale). Pertanto, non escludendo neppure il caso di usurai che perseguono l’effettivo scopo di rovinare il debitore più che di recuperare il proprio credito, sarà molto difficile ricondurre il contratto in esame a quel tipo di operazione da cui ricavare il tasso soglia usurario. La conseguenza di ciò è che per smascherare e punire il mercato illegale dell’usura andrà dimostrato non solo lo stato di difficoltà economica e finanziaria del debitore, ma anche il fatto che di ciò era a conoscenza la controparte (art.644, comma 3 c.p.).
L’articolo 11 della legge di cui trattasi prevede che i termini di prescrizione del reato di usura decorrono dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale. La conseguenza legale di ciò è che il reato di usura possa considerarsi non più istantaneo (ossia commesso al momento della pattuizione o dell’inizio dell’adempimento corrispettivo) bensì continuato. In tal modo, però, tanti contratti di mutuo a tasso fisso o indicizzato in base a parametri oggettivamente prestabiliti (T.U.S., PRIME RATE, LIBOR, RIBOR, ROLINT) ** potrebbero raggiungere tassi di usura a seguito dell’andamento del mercato (ovviamente con tassi in discesa) e ciò con immaginabili danni per le banche. Pertanto l’Assoc. Bancaria Ital. (circ. 20/3/97) approfondendo la questione, ha puntualizzato che i rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della legge di cui trattasi non possono assolutamente essere assoggettati alla relativa normativa quando èautomatico il raggiungimento del tasso usurario e ciò in base al principio giuridico basilare in campo penalistico della irretroattività della colpevolezza (Nullum crimen et nulla poena sine lege). Se invece le operazioni di mutuo comportano un tasso variabile, le eventuali variazioni devono essere effettuate entro i limiti fissati dalla legge ed in tal caso il rapporto si intende sostanzialmente rinnovato, fermo restando, quindi, il principio della istantaneità del delitto di usura. La Cassazione (7 marzo – 12 luglio 1997) ha confermato questo orientamento sancendo definitivamente che l’usura è un reato istantaneo con effetti permanenti il cui termine di prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione di tali effetti (ossia dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale).
** (vedasi nota esplicativa a conclusione della presente trattazione).
NOTA ESPLICATIVA
TUS (Tasso ufficiale di sconto)
E' il costo sostenuto dagli istituti di credito che chiedono finanziamenti alla Banca d’Italia.
PRIME RATE
E' il costo del denaro fissato dall’Associazione Bancaria Italiana per la migliore clientela, quella maggiormente affidabile.
LIBOR ("London interbank offered rate")
E' il tasso d’interesse al quale banche primarie offrono depositi in euro-dollari a 3 e 6 mesi ad altre banche primarie della piazza londinese; è calcolato secondo la media dei tassi quotidiani di cinque importanti banche.
RIBOR ("Rome interbankoffered rate")
Indice del costo medio del denaro rilevato ogni giorno sul mercato italiano: è il risultato della media delle migliori quotazioni rilevate, a prescindere dalla banca che le fa, dopo aver scartato la migliore e la peggiore.
ROLINT (Rendimento obbligazionario e lira interbancaria)
Indice composto per il 50% dalla media della lira interbancaria "lettera" 3 mesi RIBOR e per il 50% dal RENDIOB lordo.
LIRA INTERBANCARIA
E' il tasso al quale le banche italiane scambiano tra loro quotidianamente del denaro. Il tasso "denaro" è relativo alla domanda dei prestiti, il tasso "lettera" si riferisce, invece, all’offerta dei prestiti.
RENDIOB (Rendimento obbligazionario)
E' la media del rendimento effettivo lordo delle obbligazioni a medio termine effettuata dagli Istituti di Credito.
EUROLIRA
E' il tasso d’interesse a 3 o 6 mesi applicato a Londra sui prestiti in lire.
IL REATO DI USURA, A SEGUITO DELLA NUOVA LEGGE 108/1996, SI CONFIGURA COME DELITTO A CONDOTTA FRAZIONATA O A CONSUMAZIONE PROLUNGATA, QUALORA GLI INTERESSI SIANO INCASSATI RATEALMENTE: LO HA STABILITO LA CASSAZIONE (SENTENZA N.1077 DEL 19-22.10.98). NON E' PIU' LECITO CHE LE BANCHE,CONTINUINO AD INCASSARE RATE DI MUTUO, CON TASSI DI INTERESSI SUPERIORI AI TASSI SOGLIA.
 
La sentenza n.1077, prima sezione di Cassazione, emessa il 19-22 ottobre 1998, apre grandi speranze per  tutti i cittadini (oltre 500 mila)  che  avevano stipulato mutui per acquistare casa, ad altissimi tassi di interesse.
La Suprema Corte ha affermato che deve essere  accolto  il Prevalente orientamento dottrinale, recepito già da alcuni Tribunali, secondo il quale il reato di usura si realizza con  la dazione effettiva  degli interessi, in quanto questa fa  parte a pieno  titolo  del fatto lesivo penalmente rilevante e  segna  il momento consumativo del reato.
Tale affermazione è giustificata con il rilievo che, rispetto al consueto atteggiarsi nella realtà  sociale ed  economica del fenomeno usurario, sarebbe distonico sostenere  l'estraneità  alla struttura  della  fattispecie criminosa di questa modalità di realizzazione  dell'illecito, la dazione degli interessi e nella quale si identifica la completa esecuzione del delitto e il massimo approfondimento  della concreta e progressiva  lesione dell'interesse protetto. La sentenza è ancor più importante perché chiarisce,  una volta  per tutte, che con  la  nuova  disciplina introdotta con la legge 108/1996, il reato di usura non può configurarsi come reato istantaneo ad "effetti permanenti", bensì come reato a "condotta frazionata" o a "consumazione prolungata".
La  nuova  qualificazione del reato fatta  dalla Cassazione trova  il suo fondamento normativo nella nuova  disciplina  della prescrizione, prevista  dall'art. 644 codice penale, secondo cui  il reato si prescrive a partire dall'ultima riscossione, e trova conforto  nell'insegnamento  tradizionale ed unanime sia della Cassazione che della dottrina: quando una disciplina viene abrogata  e sostituita da nuove  norme, com'è accaduto  per  la fattispecie  criminosa dell'usura, la giurisprudenza che si era formata sul vecchio testo normativo diventa inutilizzabile.
 La retroattività della legge sull'usura
(Commento alla sentenza della Cassazione n. 5286/2000)
"La sentenza n. 5286/00 trae origine da un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo proposto da un cliente che contestava alla banca l’applicazione – a seguito di un contratto di mutuo – di interessi passivi pari al 28%. La sentenza di primo grado, successivamente confermata nel giudizio d’Appello, ha ammesso invece la legittimità dell’applicazione di tale tasso, ritenendo infatti che lo stesso fosse stato concordemente pattuito dalle parti.
La Cassazione ha invece riconosciuto la natura usuraria di tali interessi, ritenendo applicabile la L. 108/96 e rinviando la controversia ad altro Giudice, affinché si procedesse al calcolo di quanto legittimamente dovuto dal cliente verso la banca.
Pur nel principio generale dell’irretroattività della legge nel tempo - art. 11 delle preleggi - la quale non dispone che per l’avvenire, con la sentenza n. 5286/00 la Cassazione ha ritenuto applicabile le disposizioni di cui alla L.108/96 anche a quei rapporti bancari pregressi, i cui effetti non siano ancora esauriti – come ad esempio nell’ipotesi in cui una parte pretenda dall’altra il pagamento del saldo passivo relativamente ad un contratto concluso in precedenza.
Con riguardo a tali rapporti, che prevedano l’applicazione di tassi usurari, la L.108/96 determinerebbe una sorta di nullità parziale (per la determinazione degli interessi) sopravvenuta.
Ancora la Suprema Corte ha ritenuto – a giustificazione dell’applicazione di una legge successiva al sorgere del contratto al quale viene riferita – che il momento determinante per stabilire la disciplina applicabile ad un’obbligazione di pagamento di saldo passivo, risulta quello della materiale esecuzione della stessa e non il momento in cui tale obbligazione sarebbe sorta. Da quanto sopra ne discende pertanto la legittima applicazione della L. 108/96 ai rapporti precedentemente conclusi.
In ordine invece al tasso di interesse dovuto nell’ipotesi in cui la percentuale concretamente applicata sia stata dichiarata usuraria, si ritiene che il tasso applicabile debba essere quello legale (attualmente del 2,5%) – ex art. 1284 c.c. – se le parti non abbiano concordemente stabilito per iscritto un diversa soglia di interesse sempre nel limite del tasso-soglia di cui alle rilevazioni trimestrali con decreto ministeriale ex L.108/96.
Nel caso in cui la banca ed il cliente abbiano appunto concordato per iscritto una clausola che sancisca l’applicazione di un tasso decisamente usurario, la via da seguire potrebbe essere duplice: il giudice potrebbe dichiarare in toto la nullità di tale clausola e rimandare quindi al tasso legale, oppure potrebbe riconoscere l’invalidità parziale della stessa e cioè nella parte in esubero al tasso soglia individuato trimestralmente ed ordinare pertanto l’applicazione di quest’ultimo" - Fonte : SLT
ALCUNI ESEMPI DI MUTUO A TASSO VARIABILE
CLAUSOLA RELATIVA ALLA PATTUIZIONE DEGLI INTERESSI
1)Sulla somma mutuata saranno corrisposti alla Banca, oltre imposte ed accessori, gli interessi posticipati calcolati al tasso inizialmente stabilito nella misura del 15% annuo. Si pattuisce espressamente che, trascorsi 24 mesi dalla data della presente stipula, il predetto tasso di interesse potrà essere dalla Banca modificato annualmente a partire dal 1/10/1995 ad insindacabile giudizio della Banca stessa ed in dipendenza delle variazioni intervenute nel mercato monetario e creditizio. In virtù di quanto precede l'importo globale della rata, comprensivo della quota di ammortamento in linea capitale e della quota interessi ed attualmente fissato in Lit.....sulla base del tasso iniziale del 15% sopra riportato, potrà variare ogni anno, dalla anzidetta data del 1/10/1995 per effetto del ricalcolo degli interessi dovuti sul debito residuo in linea capitale ed a seguito di eventuale variazione del tasso applicato.
2)Il tasso di interesse del mutuo rimarrà invariato nella misura convenuta al precedente art. 1) (15%) per i primi 12 mesi di ammortamento. Successivamente a tale periodo, la Sicilcassa si riserva di variare in aumento o in diminuzione il tasso anzidetto, in relazione all'andamento del mercato monetario e/o al costo della propria provvista.La variazione avrà effetto dalla rata di ammortamento la cui decorrenza abbia inizio successivamente alla data della lettera raccomandata di comunicazione che sarà all'uopo inviata dalla banca.
3)Si pattuisce inoltre esplicitamente che il mutuo si intende a rientro, da effettuarsi mediante pagamenti mensili, comprensivi di capitale ed interessi nella misura del 2,50% punti in più del tasso di riferimento applicato dalla Banca … alla clientela primaria per fidi in bianco attualmente del 12% calcolati con piano di ammortamento metodo francese a rate costanti e quote di capitale decrescente ed una commissione calcolata in ragione dello 0,50% per semestre o frazione sul capitale iniziale erogato.Omissis… Il tasso di interesse convenuto resterà invariato per i primi sei mesi dalla data del presente contratto, resta altresì convenuto che, dopo tale data, la Banca …… potrà variarlo in più o in meno in misura corrispondente alla variazione del suddetto tasso di riferimento con decorrenza dal primo giorno del mese successivo, per tutti gli anni di durata del prestito, tasso minimo 14,50% oltre alle commissioni e spese. La Banca si riserva, pertanto la facoltà di ricalcolare con lo stesso criterio precedente il nuovo ammontare della rata di ammortamento.
4)omissis . .
concede a titolo di mutuo ai Sigg.ri omissis... all'interesse annuo del 5%. il mutuo è convenuto ai patti e condizioni di cui al presente atto e al Capitolato di Condizioni Generali (°) che firmato dai comparenti e da me Notaio, a questo atto si allega sotto la lettera "A", perché ne sia parte integrante e sostanziale.
(°) Estratto dalle Condizioni Generali
Punto C) E' dalle parti espressamente convenuto - quale patto essenziale del rapporto - che le rate di ammortamento indicate in contratto sono soggette a variare in relazione alla variazione di un numero indice convenzionalmente costituito da "l'indice nazionale generale del costo di costruzione di un fabbricato residenziale" (Base 1970 = 100) calcolato dall'Istituto Centrale di Statistica nel proprio bollettino mensile. Convenzionalmente però è stabilita, in relazione alla possibilità di variazione dipendente dal patto che precede, una franchigia fissa del 15%.L'indice base di riferimento per i rapporti dipendenti dal contratto sarà quella calcolata per l'ultimo mese del semestre solare precedente la data del contratto di mutuo. Pertanto alla scadenza di ciascuna rata semestrale di ammortamento si determinerà il nuovo indice per l'ultimo mese del semestre solare precedente la scadenza della rata stessa e se ne calcolerà l'eventuale incremento o decremento percentuale rispetto all'indice base del mutuo. Qualora tale incremento o decremento non risulti maggiore del 15%, la rata di ammortamento rimarrà invariata. Qualora l'incremento o il decremento superi il 15%, l'importo della rata stessa sarà aumentato, o rispettivamente diminuito nella stessa misura percentuale in cui l'incremento o decremento dell'indice- base sarà risultato superiore alla franchigia innanzi indicata con i seguenti correttivi:
1) pur calcolandosi le variazioni dell'indice sin dalla prima scadenza della rata, gli effetti delle variazioni stesse resteranno sospesi per le prime dieci rate semestrali di ammortamento il cui importo pertanto risulterà invariato. A partire dall'undicesima rata, le variazioni che si fossero verificate rispetto all'indice base del contratto, saranno interamente applicate;
2) le variazioni percentuali dell'indice base eccedenti il 30% danno luogo a variazioni percentuali della rata pari alla metà dell'eccedenza stessa mentre le variazioni percentuali dell'indice eccedenti il 45% danno luogo a variazioni percentuali della rata pari ad un quarto dell'eccedenza stessa.
5)L'interesse nella misura inizialmente stabilita del 12,875% cioè 1,25 punti in più del Prime Rate ABI in vigore in ragione d'anno, oltre imposte ed accessori. Punto b) tanta parte del capitale quanta occorre a compiere gradualmente la restituzione dell'intera somma mutuata nel periodo convenuto in anni dieci. Si pattuisce espressamente che il predetto tasso di interesse potrà essere dalla Banca modificato a suo insindacabile giudizio trimestralmente in dipendenza di eventuali variazioni del Prime Rate ABI e ciò anche prima della data di decorrenza del piano di ammortamento del mutuo.
6) ….. "l'ammontare degli interessi dovuti nel periodo di ammortamento, che decorre dal 1° Maggio 1991, sarà determinato secondo le consuetudini vigenti sul mercato delle eurovalute, al tasso interbancario relativo ai depositi in ECU (LIBOR) a sei mesi quotati della pagina 3750 del sistema Dow Jones / Telerate - arrotondato ad 1/16 superiore - per valuta 30 Aprile o 31 Ottobre immediatamente antecedenti la scadenza delle singole rate di ammortamento (alle rate scadenti il 31 Ottobre di ogni anno verrà applicato il tasso LIBOR rilevato per valuta 30 Aprile dello stesso anno; a quelle scadenti il 30 Aprile verrà applicato il tasso LIBOR rilevato per valuta 31 Ottobre dell’anno precedente).
Nel caso in cui il 31 Ottobre e 30 Aprile dovessero cadere in giorno in cui non viene attuata la quotazione per 1' ECU, verrà presa in considerazione la quotazione del tasso LIBOR - come sopra rilevato - del giorno bancario lavorativo immediatamente antecedente.
Gli interessi matureranno giorno per giorno e verranno calcolati in base ad un anno di 360 giorni ed all'effettivo numero di giorni trascorsi.
IL TASSO LIBOR SARA' MAGGIORATO DI 1,75% PUNTI PARI ALLA SOMMA DELLE COMMISSIONI PER LA SEZIONE MUTUANTE E PER LE BANCHE ESTERE CHE HANNO MESSO A DISPOSIZIONE LA VALUTA ESTERA ECU.
Le semestralità di ammortamento saranno maggiorate o diminuite di una percentuale corrispondente ad rapporto tra il cambio dell'ECU rilevato al momento della scadenza delle singole rate, ed il valore dell'ECU rilevato al momento della conversione degli ECU in lire.
Il cambio da applicare sarà. il cambio risultante alla chiusura delle Borse Valori di Roma e Milano, due giorni bancari lavorativi, 1'ECU, antecedenti la scadenza di ciascuna rata di ammortamento, per regolamento del giorno di scadenza, oltre una maggiorazione che non potrà essere superiore allo 0,15% a titolo di commissione di Banca abilitata per la negoziazione della valuta in uscita.
7) II mutuo viene concesso al tasso d'interesse dell'11,5% nominale annuo a capitalizzazione mensile, variabile al sensi dell'art 4 delle "Condizioni generali di mutuo" (°) (tasso di riferimento su base annua alla data odierna 8%) – indice Istat di riferimento = 109,6.
(°) Condizioni generali di mutuo:
II tasso di interesse stabilito nel contratto di mutuo è il tasso di interesse originario: esso sarà modificato in funzione dell'evoluzione del tasso della Lira LIBOR (London Interbank Offered Rate) a 3 mesi, pubblicato su "II Sole –24 Ore" o, se detto tasso cessasse di essere pubblicato, di un tasso di natura analoga.La revisione del tasso di interesse avverrà ogni 3 mesi; il nuovo tasso sarà
ottenuto aumentando o diminuendo il tasso originario della differenza tra la media mensile del tasso delta Lira LIBOR a 3 mesi, relativa al mese civile anteriore di due mesi a quello in cui cade la data di revisione, aumentata di un punto percentuale su base annua ed il tasso base di riferimento stabilito nel contratto di mutuo. Le rate di rimborso del mutuo saranno comunque revisionate una sola volta all'anno, alla prima scadenza annuale prevista nel contratto e ad ogni successiva scadenza annuale sulla base del nuovo tasso di interesse in vigore a tale data determinato con i criteri di cui sopra, di modo che il saldo di quanto dovuto avvenga nella durata fissata inizialmente.Il nuovo importo sarà comunicato alla parte mutuataria con circa un mese di preavviso.
Tuttavia, al fine di attenuare gli effetti della possibile variazione del tasso di interesse, l'eventuale aumento di ogni rata non potrà mai superare l'indice ISTAT dei prezzi al consumo verificatosi rispetto all'ultimo indice pubblicato più di un anno prima di tale data, con un minimo di cinque punti percentuali. Se il nuovo calcolo delle rate desse luogo ad un importo inferiore a quello
dell'anno precedente, quest'ultimo sarà mantenuto per 12 mesi, con possibilità in tal caso di determinare una minor durata del mutuo. Infine, nell'ipotesi in cui, a causa della limitazione dell'aumento dell'importo delle rate, non si addivenisse al rimborso totale del capitale dato a mutuo nei termini previsti dal contratto, i versamenti rateali proseguiranno alle stesse condizioni fino all'estinzione del debito, e comunque, per un periodo non superiore ai 5 anni: Se alla fine del quinto anno di proroga il capitale non fosse ancora totalmente rimborsato, la parte mutuataria sarà liberata da ogni obbligo di rimborso.
CASSAZIONE SULLA VARIABILITA’ DEL TASSO DEI MUTUI
In ordine alla variabilità del tasso di interesse, la Corte di cassazione (si veda la sentenza del 18/6/1992, n. 7547) stabilisce che la determinazione convenzionale per iscritto (in base all’art. 1284 del Codice civile) degli interessi ultralegali, afferenti a un contratto di mutuo, deve essere documentata attraverso l’indicazione numerico/percentuale del tasso pattuito, o quanto meno attraverso l’indicazione chiara dei criteri in base ai quali la determinazione debba, al presente e nel futuro, essere operata. Il tasso, cioè, deve poter essere individuato con riferimento a elementi prestabiliti dalle parti, che debbono essersi accordate sulla futura variazione e sui criteri e le modalità da osservarsi allo scopo. Questi elementi prestabiliti possono anche consistere nel riferimento a dati di fatto esistenti o sicuramente accertabili, tali da richiedere per la loro applicazione una semplice operazione aritmetica; elementi, che seppure estrinseci alla scrittura, debbono essere obiettivamente e sicuramente individuabili e tali da permettere la concreta, univoca individuazione del tasso pattuito, non inficiata da sensibili margini di discrezionalità e incertezza. Essi non possono consistere nel semplice rinvio a una futura scelta di una sola delle parti.
Il principio secondo cui la variazione dell'interesse (Cass. civ., sez. I, 13 marzo 1996, n. 2103) nel corso di un rapporto bancario di durata può essere resa determinabile con il riferimento, previsto nella scrittura negoziale, ad elementi estranei e futuri (nella specie, riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza) ha subito deroga a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 4 l. 17 febbraio 1992 n. 154 (norme sulla trasparenza delle operazioni bancarie) e degli art. 117 e 118 d.l. 1 settembre 1993 n. 385 (t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia), poiché dette norme espressamente negano validità alle clausole contrattuali di rinvio agli usi nella determinazione dei tassi di interesse.
SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE SEZ. PRIMA CIV. - SENT. DEL 09.01.2013, N. 350

Presidente Carnevale - Relatore Didone
Ritenuto in fatto e in diritto
1.- I.D. ha convenuto in giudizio la s.p.a. I. B. lamentando che il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria stipulato il 19.9.1996 per l’acquisto della propria casa era da considerare usurario. Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda volta a sentir accertare l’illegittimità della misura degli interessi stabiliti nel contratto di mutuo, in relazione alla rata di Euro 20.052,48 richiesta con lettera del 6.11.2001, sulla base della considerazione che, ai sensi dell’art. 2 della legge 108/96, per la determinazione degli interessi usurari i tassi effettivi globali medi rilevati dal Ministero del Tesoro ai sensi della citata legge devono essere aumentati della metà. Considerato che il D.M. 27-3-98 emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell’8.29%, ha quindi, escluso che il tasso contrattualmente fissato potesse essere ritenuto usurario.
La Corte di appello, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di primo grado evidenziando che i motivi posti a base dell’appello erano aspecifici rispetto alla motivazione della decisione del Tribunale. L’appellante si era limitato ad invocare apoditticamente la natura usuraria degli interessi pattuiti senza contestare i parametri adottati dal primo giudice per valutare la fondatezza della domanda e senza indicare, in concreto, le ragioni di fatto e di diritto idonee a ribaltare la decisione impugnata. Privi di rilevanza erano i riferimenti allo scopo per cui era stato stipulato il mutuo. Infine, la maggiorazione del 3% prevista per il caso di mora non poteva essere presa in considerazione, data la sua diversa natura, nella determinazione del tasso usurario. Da ultimo, ha ritenuto che le richieste istruttorie di ordinare ex art. 210 cpc l’esibizione del carteggio intercorso tra le parti e di ctu contabile che quantificasse le differenze incassate in eccedenza dalla Banca fossero inammissibili per la loro genericità e per il carattere meramente esplorativo nonché prive di attinenza con i motivi posti a base del gravame.
Inammissibili erano le deduzioni per la prima volta proposte nella comparsa conclusionale ove I.D. cercava di sopperire alle carenze del gravame, indicando, per la prima volta, i tassi, a suo dire applicati (e non quelli pattuiti rilevanti ai fini dell’azione proposta) ed il tasso soglia che riteneva superato.
I motivi, sul punto, non erano specifici.
2.- Contro la sentenza di appello parte attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi con i quali denuncia 1) vizio di motivazione e 2) violazione dell’art. 1421 c.c.
Resiste con controricorso la s.p.a. I quale procuratore della s.r.l. C F in luogo della s.p.a. I. Gestione Crediti quale procuratore di Banca I. nonché quale procuratore della s.p.a. I. Gestione Crediti quale procuratore di Banca I.
3.1.- Il primo motivo, sub a), contiene riferimenti alla nullità della clausola determinativa degli interessi (con riferimento al tasso ABI) che risulta si proposta in primo grado ma, sebbene implicitamente disattesa dal Tribunale, non risulta specificamente (ma neppure genericamente) riproposta in appello (v. trascrizione dell’atto di appello alle pagg. 3 e 4 del ricorso).
Si che la relativa censura è inammissibile.
Il profilo della censura relativo all’anatocismo - che neppure è menzionato nella sentenza impugnata - risulta dedotto in appello “in considerazione del fatto che con il piano di ammortamento la Banca ha di fatto applicato l’anatocismo vietato dalla legge” (v. trascrizione in ricorso, pag. 4).
Nel motivo di ricorso, invece, parte ricorrente lamenta che la banca “pretende interessi sugli interessi infrannuali come emerge dalle quietanze esibite”.
Trattasi di censura affatto nuova - oltre che generica - come tale inammissibile.
3.2.- Quanto al profilo sub b) (usurarietà dei tassi) va rilevato che parte ricorrente deduce che l’interesse pattuito (inizialmente fisso e poi variabile) era del 10.5%, in contrasto con quanto è previsto dal D.M. 27/3/1998 che indica il tasso praticabile per il mutuo nella misura dell’8.29%.
Tale tasso dovrebbe ritenersi usurario a norma dell’art. 1 comma 4 della L. 108/96 tanto più ove si consideri che fu richiesto per l’acquisto di un bene primario quale la casa di abitazione e che dovrebbe tenersi conto della prevista maggiorazione di 3 punti in caso di mora.
La censura sub b), nella parte in cui ripete l’assunto - già correttamente disatteso dalla Corte di merito - secondo cui la natura usuraria discenderebbe dalla finalità del mutuo, contratto per l’acquisto della propria casa, è infondata in quanto, ai sensi del nuovo testo dell’art. 644, comma 3, c.p. sono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge ovvero “gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria”.
E, a tale scopo, non è sufficiente dedurre che il mutuo è stato stipulato per l’acquisto di un’abitazione.
La stessa censura (sub b), invece, è fondata in relazione al tasso usurario perché dalla trascrizione dell’atto di appello risulta che parte ricorrente aveva specificamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il tasso soglia senza tenere conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora, laddove, invece, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori (Corte cost. 25 febbraio 2002 n. 29: “il riferimento, contenuto nell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile - senza necessità di specifica motivazione - l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”; Cass., n. 5324/2003).
3.3.- Sulla censura sub c) (relativa al mancato accoglimento di istanze istruttorie) va ricordato che “il provvedimento di cui all’art. 210 cod. proc. civ. è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che non è tenuto ad indicare le ragioni per le quali ritiene di avvalersi, o no, del relativo potere, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione” (Sez. 2, Sentenza n. 22196 del 29/10/2010). Peraltro, l’esibizione a norma dell’art. 210 cod. proc. civ. non può essere ordinata allorché l’istante avrebbe potuto di propria iniziativa acquisire la documentazione in questione (Sez. 1, Sentenza n. 149 del 10/01/2003), come nella concreta fattispecie. Il ricorrente, poi, nulla deduce in ordine alla decisività di tale mezzo istruttorio, anche in considerazione di ciò, che la domanda era limitata alla rata richiesta con lettera del 6.11.2001 e il cui importo risulta determinato in Euro 20.052,48, in relazione alla quale soltanto erano state formulate le conclusioni in primo grado e in appello (”la non debenza dell’importo reclamato dalla banca”).
4.- Quanto al secondo motivo, la censura è infondata, posto che, pur trattandosi di questione (di diritto) rilevabile d’ufficio (nullità della convenzione di interessi usurari), gli elementi in fatto sui quali la questione era fondata e, dunque, l’indicazione del tasso applicato contenuta (soltanto) nella comparsa conclusionale non poteva che essere ritenuta tardiva, tenuto conto della necessità che i motivi di appello, ex art. 342 c.p.c., siano specifici e che con la comparsa conclusionale non possono essere dedotte nuove circostanze di fatto che non siano state già dedotte con l’atto di appello.
È vero, infatti, che la deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d’interesse usurario è rilevabile anche d’ufficio, non integrando gli estremi di un’eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa, che può essere avanzata anche in appello, nonché formulata in comparsa conclusionale, ma ciò a condizione che “sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio” (Sez. 1, Sentenza n. 21080 del 28/10/2005).
5.- Infine, quanto alle difese della banca e alla reiterazione della questione di nullità dell’atto di citazione, va rilevato che non risulta impugnata con ricorso incidentale l’affermazione della sentenza della corte di merito (che la resistente ritiene erronea) circa la necessità di riproposizione della questione stessa con appello incidentale e la conseguente inammissibilità dell’eccezione. Si che sul punto si è formato il giudicato interno.
Da ultimo, quanto all’asserita carenza di interesse ad agire dell’attrice in ordine alla proposta domanda di accertamento negativo, è appena il caso di evidenziare che l’interesse è sorto dalla richiesta rivolta dalla banca alla mutuataria. Richiesta che si assume relativa a somme non dovute, previa declaratoria di nullità della pattuizione di interessi che si assumono usurari.
6.- La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alla censura accolta (determinazione del tasso soglia comprensivo della maggiorazione per la mora) con rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione per nuovo esame e per il regolamento delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
 
L’art. 117 T.U.B. :
"1. I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti.
2. Il CICR può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma.
3. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo.
4. I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.
5. [comma soppresso dal D.lgs. 14 dicembre 2010, n. 218]  
6. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati.
7. In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano:
a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell'operazione.
b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l'operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto".
Sentenza ammortamento alla francese, Tribunale d'Isernia
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL T R I B U N A L E CIVILE   D I   ISERNIA
in composizione monocratica in persona del Giudice dott. Oreste De Angelis, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile di primo grado iscritta al numero …del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2009, trattenuta in decisione all’udienza del 17.3.2014 con l’assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. e vertente
 
TRA
…..rappresentata e difesa dall’ avv.to CARMINE DE BENEDITTIS in virtù di procura agli atti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in Campobasso, alla via Mazzini, 40/b
attore
E
…………………., in persona del legale rapp. p.t., rappresentata e difesa dall’ avv.to ……………., elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv.to Benedetta Iannone, sito in Isernia alla via ……………;
convenuto
OGGETTO: contratto di mutuo, interessi.
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da verbale agli atti.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE [1][2]
 
Con atto di citazione del 23/09/2009 la ………………… chiamava in giudizio la BANCA ……………, per ottenere la ripetizione di somme indebitamente versate nel corso del rapporto instaurato con contratto di mutuo, in ragione dell’applicazione di tassi di interesse non conformi al patto contrattuale sottoscritto tra le parti, e, in ogni caso, contrari ai limiti di legge.
Chiedeva dunque parte attrice in via principale: a) la restituzione della somma di € 4.386,51, nel caso di riconosciuta applicazione di interessi usurari, e dunque con azzeramento degli interessi dovuti; b) in subordine, la restituzione della somma di € 2.712,21, nel caso di riconosciuta applicazione del solo tasso di interessi legale.
Si costituiva in giudizio la BANCA ……………………, la quale riteneva validamente stipulato il contratto e le previsioni in esso contenute, predisposte senza alcuna violazione di legge; chiedeva dunque il rigetto delle pretese attoree.
La causa espletata la fase istruttoria veniva assegnata a sentenza con i termini di cui all’art. 190 c.p.c.
 
1.1.)- SULLA CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI NELL’AMMORTAMENTO “ALLA FRANCESE” 
 
Il caso de quo verte, nella sua parte essenziale, sull’applicazione, secondo quanto previsto nel contratto, del c.d. piano di ammortamento alla francese, con l’applicazione di un tasso effettivo diverso e superiore rispetto a quello convenuto nella parte letterale del contratto di mutuo, con un’operazione da considerarsi illegittima ai sensi degli art.1283 e 1284 c.c.
Il piano di ammortamento alla francese è certamente il più diffuso e praticato dagli istituti bancari; esso prevede che il mutuatario provveda a versare periodicamente all’istituto mutuante, delle rate costanti nel loro importo, ma non nella loro composizione. Nell’ammortamento alla francese infatti, ad essere uguale non è la quota capitale ma la rata nel senso che le con le prime rate si versano una maggiore quota di interessi e minore di capitale. Nel tempo, la quota di interessi decresce e si incrementa viceversa quella di capitale: ciò vuol dire che nella prima metà delle rate versate, sarà stata restituita una maggior quota di interessi, piuttosto che di capitale.
Tale tipologia di ammortamento, pur diffusamente praticata, presenta alcuni aspetti particolari.
Certamente tale piano può essere non conveniente, ad esempio, ove si voglia procedere ad una estinzione anticipata del mutuo, poichè con le prime rate saranno stati versati solo interessi, mentre il capitale sarà per la maggiore ancora da restituire. Sarà precluso in questo modo il tipico vantaggio dell’estinzione anticipata di un muto: evitare il pagamento di interessi non maturati.
Inoltre si riscontra come rispetto ad un piano di ammortamento “all’italiana”, alla fine del rapporto, a parità di tasso applicato, il piano di ammortamento alla francese rende il costo del muto più elevato.
La giurisprudenza di merito più recente è stata chiamata a valutare la conformità alla legge di quei contratti di mutuo che, nel predisporre un piano di ammortamento alla francese, provvedano all’instaurazione, non percepibile da parte del mutuatario, di incremento degli interessi che portano ad un discostamento tra il tasso individuato nel contratto e il tasso effettivamente applicato nel corso del rapporto.
Più precisamente, in taluni casi sottoposti all’attenzione dei giudici, è emerso come tali contratti nascondano una “doppia anima”: da una lato il contratto predispone l’applicazione di un tasso semplice, dall’altro, nell’allegare il piano di ammortamento, si inseriscono clausole che comportano l’applicazione di un tasso d’interesse composto, e dunque generative di fenomeni anatocistici, che nel nostro ordinamento trovano il limite dell’art. 1283 c.c. inoltre, al i là del fenomeno anatocistico, si ritiene che tale tipologia di contratti si ponga in violazione dell’art. 1284 c.c.
Per quanto concerne il fenomeno anatocistico, si richiama sul punto la c.d. sentenza Mastronardi: “il tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non si può volutamente maggiorare nel piano di ammortamento, né si può mascherare un artificioso incremento nel piano di ammortamentopoiché il calcolo d’interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo le regole matematiche dell’interesse semplice. I contratti di mutuo per cui è causa sono mutui con rimborso frazionato, in cui alla banca, durante il rapporto, si restituisce ratealmente il capitale, originariamente prestato, prima della scadenza finale del mutuo stesso: i mutui de quibus vengono estinti con una serie di pagamenti effettuati dal debitore. La rata del mutuo con rimborso frazionato si è calcolata però nel caso in esame, con la formula dell’interesse composto, non prevista nella parte letterale del medesimo contratto, che comporta la crescita progressiva del costo, comprendendo di certo degli interessi anatocistici”(Tribunale di Bari, 29/10/2008, n.113).
Nella prassi sono stati ulteriormente riscontrati contratti strutturati in modo da inserire con varie clausole molteplici modalità di calcolo degli interessi, (e molteplici piani di ammortamento) necessariamente alternative e non compatibili tra esse, in tali casi, viene in rilievo una ulteriore conseguenza giuridica, dovuta al manifestarsi di una indeterminatezza nell’oggetto del contratto, richiesta ex artt. 1418 e 1346 c.c. a pena di nullità.
Così su tali casi si è pronunziato il Tribunale di Milano: “le clausole…pur apparendo di per sé analitiche…si risolvono, da un punto di vista matematico-finanziario, in enunciati non danti luogo ad univoca applicazione ma richiedenti una scelta applicativa tra più alternative possibili, ciascuna delle quali comportante l’applicazione di tassi di interesse diversi: il che vale a dire che tali clausole da un punto di vista giuridico, non soddisfano i requisiti i determinatezza o determinabilità del loro oggetto, richiesto dalla disciplina dei contratti ex arttt. 1418,1346 c.c. a pena di nullità, come costantemente affermato in tema di mutuo, dalla giurisprudenza di legittimità” (Tribunale di Milano, 30 ottobre 2013).
Occorre dunque valutare se nel contratto sottoposto all’attenzione del presente giudizio e quindi all’attore , contenga o meno “insidie” nel senso di clausole o istituti che siano non facilmente percepibili dal sottoscrittore.
In effetti il contratto sottoposto all’attenzione del presente giudizio, presenta un piano di ammortamento alla francese e la predisposizione di tassi variabili, cui il contratto fa preciso riferimento, calcolati secondo gli indici definiti “prime rate ABI”.
È da notarsi come il piano di ammortamento alla francese, rispetto ad un piano di ammortamento all’italiana, consenta alla fine del rapporto, a parità di tasso d’interesse applicato, un esborso totale di interessi nel complesso maggiore nel primo caso rispetto al secondo, come emerge dalle risultanze peritali espletate, tanto dal CTP, tanto dal CTU.
È necessario stabilire, se, alla luce del contratto prodotto in giudizio, fosse consentito a parte attrice poter conoscere l’effettivo costo del mutuo chirografario, e, in caso di risposta negativa, accertare se fosse legittimo che l’istituto bancario potesse percepire un costo del mutuo maggiore di quanto parte contraente avrebbe potuto desumere facendo riferimento ai dati presenti nel contratto stesso.
Per poter acquisire elementi utili per la decisione occorre fare riferimento sia alla CTU che alla CTP in atti.
 
2.1)-LE RISULTANZE DELLA CTU
 
Occorre premettere che i quesiti sottoposti al CTU sono più limitati rispetto all’oggetto sottoposto all’attenzione del Tribunale adito, nel senso che al CTU dr………., è stato chiesto di valutare la sussistenza della violazione dell’art. 1283 c.c. e/o di verificare l’applicazione di tassi usurari nel rapporto de quo, mentre nell’atto introduttivo del giudizio, parte attrice chiede all’adito Tribunale di individuare eventuali illegittimità nel sistema di calcolo c.d. alla francese, concernenti anche un’eventuale violazione della norma del 1284 c.c..
Il CTU nelle operazioni peritali svolte effettua un raffronto tra il piano di ammortamento alla francese elaborato dal CTP con il relativo computo degli interessi, e un ulteriore piano di ammortamento con computo dei tassi di interesse basato sul calcolo “prime rate ABI”. Da ciò non emergono forti divergenze, essendo presente una differenza tra il primo e il secondo volume di interessi totale calcolato, di poco più di € 36.
Tuttavia occorre comprendere se le valutazioni espletate dal CTU risultano coerenti con i quesiti peritali effettuati in questa sede processuale.
Il CTU nell’espletare il raffronto sulla base dei calcoli effettuati non ha rilevato alcunché. Ciò semplicemente perché risulta che nessun confronto utile è stato espletato.
Oggetto della controversia infatti, è quello di stabilire proprio se l’ammortamento alla francese determini il pagamento di un volume di interessi che risulta infine maggiore rispetto a quanto tale volume dovrebbe costituire in base al tasso indicato letteralmente nel contratto, e dunque, un discostamento dal tasso di interesse pattuito contrattualmente, e stabilire inoltre, se tale fenomeno si registri in seguito ad una capitalizzazione degli interessi non rispettosa del dettame ex 1283 c.c., e/ o per violazione del 1284 c.c.
Il problema dunque, non è tanto l’individuazione del tasso di interesse convenzionalmente pattuito, che, come rilevato anche dal CTU, non muta se non in misura irrisoria considerando i tassi “prime rate ABI” richiamati nel contratto.
Il problema è stabilire se l’applicazione di tale tasso in un piano di ammortamento alla francese generi fenomeni anatocistici e/o usurari, e/o di incremento del tasso non previsti (rectius, non percepibili) contrattualmente.
A ciò il CTU non ha fornito alcun dato esaustivo.
 
2.2)-LE RISULTANZE DELLA CTP DI PARTE ATTRICE
 
Nello stabilire se il tasso di interessi applicato al rapporto de quo fosse differente e più elevato di quanto pattuito nel contratto, il CTP dott. …………….. ha provveduto a redigere un duplice piano di ammortamento, per consentire un raffronto tra l’ammontare degli interessi versati con piano di ammortamento con quota capitale costante, e quelli invece versati con la predisposizione del piano di ammortamento alla francese: ne è risultato che il totale degli interessi pagati sulla somma è stato pari a 4.386,51 mentre il maggiore esborso registrato rispetto a se il piano di ammortamento fosse stato a rate costanti è stato pari ad € 2.712,21.
 
3.1)-SULLA CENSURABILITÀ DEL’ AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE
 
Sul tema la giurisprudenza di merito incontra invero notevoli oscillazioni.
Tendenzialmente, così argomenta chi non riconosce alcun fenomeno anatocistico occultato nel piano di ammortamento alla francese: “Ora, il metodo di ammortamento alla francese, di per sé, non comporta alcuna forma di anatocismo (come già è stato riconosciuto dalla dottrina e da questo Arbitro in altre decisioni: v., p. es., le decisioni n. 1130/2011; n. 1280/2012). Le rate, comprensive di capitale e interessi, sono costanti. Quindi, la restituzione del capitale è prevista secondo quote crescenti. E la rata ingloba interessi, semplici (non composti), sempre calcolati, al tasso nominale, sul residuo capitale da restituire (com’è corretto: gli interessi essendo il corrispettivo del godimento del denaro da altri concesso; cfr. l’art. 821, comma 3, c.c.).Quel che è vero è che, nell’ammortamento alla francese, l’ammontare degli interessi (della somma dovuta per interessi) è maggiore rispetto ad un ammortamento del capitale per quote uguali: poiché nell’ammortamento alla francese il capitale è da restituirsi secondo quote crescenti, a parità di durata del mutuo, il suo ammortamento è più lento che se le quote fossero uguali. Dunque, il tasso effettivo degli interessi è maggiore (Collegio Arbitrale di Milano, decisione n.429 del 21.01.2013).
È interessante dunque notare, nella soprarichiamata decisione, come, pur negandosi un fenomeno anatocistico, si riconosca che il tasso effettivo applicato si discosti poi dal tasso pattuito.
Analogamente la giurisprudenza dei Tribunali che condivide tale impostazione adotta termini e osservazioni dello stesso tenore: “con il termine "piano di ammortamento alla francese" (ovvero "a rata costante") dovrebbe intendersi unicamente il piano che preveda rate di rimborso costanti nel tempo, ipotesi all'evidenza consentita solo in caso di mutui a tasso fisso; tale espressione (e metodologia) viene tuttavia estesa anche ai mutui a tasso variabile, con la particolarità che il piano di ammortamento è simulatamente calcolato sulla base del tasso vigente alla data di stipulazione (come se dovesse rimanere costante), e ciò consente di individuare, in ciascuna rata, la quota di capitale in restituzione (tanto che a volte il piano di ammortamento in tali casi riguarda il solo capitale), potendosi poi conteggiare per ciascuna rata la quota di interessi, in base al tasso variabile, sul capitale via via residuo al netto delle restituzioni di capitale effettuato con le rate precedenti (ne conseguiranno rate non costanti nella loro entità). In ogni caso la "condizione di chiusura" risponde a una precisa regola matematica, e il CTU, nel caso di specie, ha riscontrato il rispetto da parte della banca di quella precisa "condizione di chiusura" che nell'ammortamento alla francese viene definita "condizione iniziale"; il CTU ha rilevato che la formula matematica in questo caso "utilizza la legge di sconto composto", ma unicamente al fine di individuare la quota capitale da restituire in ciascuna delle rate prestabilite (criterio che in alcun modo si pone in danno del mutuatario, essendo assicurato e agevolmente verificabile - che la somma di tali quote sia pari all'importo mutuato), mentre non va ad incidere sul separato conteggio degli interessi, che nel piano di ammortamento alla francese risponde alle regole dell'interesse semplice (Tribunale di Milano, 5 maggio 2014).
Ancora, aderisce alla medesima impostazione la giurisprudenza di merito beneventana: “Non può invece essere condivisa la tesi secondo la quale il piano di ammortamento c.d. "alla francese" sarebbe da considerarsi comunque illegittimo in quanto produttivo di interessi anatocistici.
Il piano di ammortamento "a scalare" prevede che il debitore rimborsi alla fine di ogni anno (o di altro intervallo temporale) e per tutta la durata del piano, una rata costante posticipata, tale che al termine del periodo stabilito il debito sia completamente estinto, sia in linea capitale che per interessi.
Come si è detto, ogni rata costante si compone di una quota interessi e di una quota capitale; l'importo della rata costante dell'ammortamento in parola è calcolato, sulla base della somma dovuta per capitale, del tasso di interesse e del numero delle rate, tramite l'utilizzo del principio dell'interesse composto, in virtù del quale "si rendono uguali il capitale mutuato con la somma dei valori attuati di tutte le rate previste dal piano di ammortamento".
Il principio dell'interesse composto non provoca tuttavia alcun fenomeno anatocistico nel conteggio degli interessi contenuti in ogni singola rata. In ciascuna rata la quota interessi è costituita dagli interessi sui debito residuo del periodo precedente: nella prima rata gli interessi si calcolano sulla somma concessa in mutuo. In ciascuna rata la quota capitale è la differenza fra la rata costante è la quota interessi e il debito residuo è la differenza fra il debito residuo della rata precedente e la quota capitale della stessa.
Quando le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interessi e il numero delle rate, non è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo. In sostanza, una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito dì rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali; il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo” (Tribunale di Benevento sr.Antonietta Genjovese 19.11.2012, n.1936).
Insomma, delle due l’una: o il piano di ammortamento alla francese nasconde interessi antocistici oppure no. Nel presente giudizio non è consentito a questo giudice fornire risposta a tale quesito, poiché le operazioni peritali non hanno chiarito il punto.
Ma esaminando la domanda di parte attrice , si rileva che la stessa non mira solo ed esclusivamente, alla ricerca di una violazione del 1283 .c.c. ma anche del 1284 c.c.
Di conseguenza l’esame dell’adito Tribunale va incentrato anche sulla sussistenza di quest’ultima violazione non prima di aver dato risposta al quesito se parte attrice avrebbe potuto avere cognizione, mediante l’analisi del piano di ammortamento allegato alla parte letterale del contratto, del maggiore esborso cui sarebbe andata incontro.
La risposta a tale quesito, esaminati gli atti di causa non può che essere negativa , in quanto il piano allegato agli atti è solo parzialmente sviluppato. Solo operando un confronto con ulteriori analisi di calcolo sarebbe stato possibile riscontrare i maggiori oneri sostenuti.
Tale confronto, assente nella CTU, è reso possibile dall’analisi della CTP, che consente di cogliere i discostamenti, a parità di tasso applicato alle quote capitale, ora costante, ora crescente, della porzione di interessi effettivamente sostenuta quale costo del mutuo.
Nell’accordo, per usare la parole della giurisprudenza beneventana richiamata, vero è che “le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interessi e il numero delle rate” e vero è che con la predisposizione del piano “non è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo”, e soprattutto vero è che “la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali”, ma tale misura non è affatto percepibile da parte del mutuatario.
Sussiste una certa indeterminatezza, che nell’immediato non è percepita, poiché il tasso indicato contrattualmente è di certo rispettato, e di certo è rispettato il piano di ammortamento. Ma l’applicazione del tasso così individuato ad un piano di ammortamento con quote di interesse decrescenti e di capitale crescente genera un maggiore esborso del costo complessivo del mutuo.
E dunque, se il tasso di interesse “è” il costo del mutuo, tale costo non è chiaramente delineato nel contratto, perché con un piano di ammortamento alla francese, il tasso pattuito e quello effettivamente applicato sono fisiologicamente discostati, ma patologicamente non percepiti dal contraente, poiché nel contratto è allegato solo un piano parzialmente sviluppato non in grado di far cogliere al cliente il maggior onere a cui dovrà sottostare.
Che si tratti di anatocismo o meno, ritiene questo giudice di non poter avere a disposizione gli elementi per poterlo dire.
Ma di certo è possibile affermare che si è ingenerata una indeterminatezza e una incertezza circa uno degli elementi dell’accordo: se il contratto nella sua parte letterale richiama l’applicazione di un tasso, che poi sviluppato (rectius, applicato) nel piano di ammortamento si estrinseca in misura superiore (e ciò è emerso nella CTP di parte attrice), si genera la contemporanea presenza di due tassi inseriti nel rapporto contrattuale, uno apparente ed uno effettivo, e dei due solo il primo è percepibile dal mutuatario.
Sussistendo dunque quella che possiamo definire incertezza o indeterminatezza del tasso sussiste una violazione dell’art. 1284 c.c., nonché dell’art. 117 TUB, commi 4 e 6, e di conseguenza, occorre procedere, mediante la c.d. sostituzione automatica di clausole, ad applicazione del tasso di interesse legalmente determinato, per effetto del combinato disposto ex 1418, 1346, 1284 c.c.
 
 
4.1)-SULLA PRESENZA DI TASSI USURARI E SULLA QUALIFICAZIONE DEL CONTRATTO DI MUTUO.
 
Nel caso di specie parte attrice chiede accertarsi la usurarietà del tasso effettivamente praticato dall’istituto bancario.
Si contesta che il rapporto creditizio nel caso di specie costituisca un mutuo, poiché assente è una garanzia reale.
In verità la comune volontà delle parti ha ab initio qualificato il rapporto come di mutuo chirografario, altrettanto si richiama il termine mutuo nell’allegato capitolato dell’istituto bancario allegato, ed infine, altrettanto è tale termine utilizzato nel piano di ammortamento allegato al contratto.
Occorre stabilire se il nomen juris che le parti hanno fornito al rapporto ne dia una corretta qualificazione. Ebbene, pacificamente si ritiene che la distinzione tra prestito personale e mutuo consista nel fatto che quest’ultimo è un rapporto più esteso nel tempo, poiché destinato ad uno scopo più “impegnativo” o “gravoso”, che se parte integrante dell’accordo stesso, porta a poter delineare il c.d. mutuo di scopo.
Il rapporto contrattuale oggetto del presente giudizio ha avuto una durata di cinque anni.
La circostanza poi che parte convenuta ritenga che non si tratti di mutuo perché non sussiste una garanzia reale che lo affianca non ha alcun rilievo, anzi proprio perché oltre al termine mutuo è possibile notare l’ulteriore termine “chirografario”, è possibile dire che l’istituto bancario ha aborigine ritenuto di aderire ad un rapporto di mutuo con assenza di garanzia reale, (definito correntemente “ipotecario”), ma ad un rapporto di mutuo “chirografario”, così definito perché racchiude la “garanzia”, per così dire, nella sola sottoscrizione effettuata dal mutuatario.
Quanto alla questione del superamento dei tassi soglia dunque, vanno presi come riferimento i tassi soglia predisposti per i contratti di mutuo.
Nella CTU il consulente ha ritenuto di dover effettuare una comparazione invece, con i tassi soglia previsti per i prestiti personali, e dunque, non ha fornito elementi utili alla cognizione dell’adito Tribunale peraltro neanche esaminando tutta la documentazione da parte della banca che ha invocato, infondatamente, la scadenza del termine decennale per la conservazione degli atti ben sapendo che il termine decorreva dalla chiusura del rapporto avvenuta nel gennaio 2002.
La CTP di parte attrice invece, ha individuato un superamento dei tassi soglia, partendo dal corretto inquadramento del contratto in essere tra le parti come contratto di mutuo chirografaro.
Procedendo dunque alla comparazione tra tasso applicato e tasso soglia, i periodi nei quali si registra un esubero degli stessi sono, secondo il CTP di parte attrice, dal 01.10.98 fino alla fine del rapporto.
Ma la indicazione parziale del superamento del tasso soglia, che pure vi è stato, operata dal CTP dr. …………………(realizzatasi dal 1998) non è sufficientemente documentata al fine di poter quantificare l’esatto ammontare dell’indebito e quindi del credito dell’attore in conseguenza dell’applicazione della normativa del superamento del tasso usurario onde si ritiene di accogliere la domanda proposta in via subordinata da parte attrice in quanto, come sopra illustrato, vi è stata violazione dell’art. 1284 c.c. e quindi andava applicato al rapporto in essere il tasso legale e quindi la banca convenuta tenuta alla restituzione della somma di €. 2.712,21 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, così come da calcolo in atti.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo alla luce del D.M. 55/14, poiché l’attività difensiva è terminata dopo la sua entrata in vigore (cfr. sul punto Cass. Sez. Unite n. 17406/12, nonché Cass. 18920/12).
Valutati dunque i parametri di cui all’art. 4 comma 2 e 3 Reg.cit., tenuto conto dello scaglione di riferimento e di quanto statuito dall’art. 1 comma 7 Reg. cit., si stima equa la liquidazione indicata in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale di Isernia, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:
  1. Ritenuto illegittimo, rispetto alle previsioni letterali del contratto, il sistema di ammortamento concretamente applicato al contratto di mutuo per cui è causa ed applicato, per l’effetto di tale illegittimità, il tasso di interesse legale al rapporto in esame, condanna la BANCA …………………... in persona del legale rappresentante pro-tempore       alla restituzione in favore di …………….. della somma di €. 2.712,21 maggiorata di interessi legali dalla data della domanda al soddisfo;
  2. Condanna   la BANCA ………………….. in persona del legale rappresentante pro-tempore al pagamento in favore di ………………… delle spese relative al presente giudizio che si liquidano in complessivi € 2.630,00 (di cui €.200,00 per spese, €. 405,00 per la fase di studio, €. 405,00 per la fase introduttiva, €. 810,00 per la fase istruttoria ed €. 810,00 per la fase decisoria) oltre 15%, per spese forfettarie IVA e CPA come per legge;
  3. Pone definitivamente a carico della BANCA ………………………….. in persona del legale rappresentante pro-tempore, le spese di CTU così come liquidate in favore del dr. ………………..;
  4. dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva come per legge.
Isernia,28.7.2014.
                                                                                      Il Giudice
                                                                            (Dott. Oreste De Angelis)


[1]             Ai sensi dell’art. 132 c.p.c., nel testo in vigore dal 4.7.2009 ed applicabile anche ai procedimenti pendenti in primo grado è omesso lo “svolgimento del processo”
[2]             Ai sensi dell’art. 118 disp.att. c.p.c. nel testo in vigore dal 21/6/2013 ex Dl.69/13 “ la motivazione della sentenza di cui all’articolo 132, secondo comma,n.4), del codice consiste nella concisa esposizione dei fatti decisivi e dei principi di diritto su cui la decisione è fondata, anche con esclusivo riferimento a precedenti conformi ovvero mediante rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di causa”.
Trasparenza: Legge n.154 del 17 febbraio 1992
Art. 1 Ambito soggettivo d'applicazione

1) Le norme della presente legge trovano applicazione nei confronti degli enti creditizi operanti nel territorio dello Stato e di ogni altro soggetto che, nel medesimo territorio, eserciti professionalmente attivita' di prestito e finanziamento o, in ogni caso, una o piu' delle attivita' indicate alle voci 2, 3, 4, 5, 7, 11 e 14 dell'elenco allegato alla direttiva del Consiglio n. 89/646/CEE del 15 dicembre 1989. 


Art. 2 Pubblicita'

1) Gli enti e i soggetti di cui all'articolo 1 devono rendere pubblici in ciascun locale aperto al pubblico: 

a) i tassi di interesse effettivamente praticati per le operazioni di credito e di raccolta indicate nell' elenco allegato alla presente legge e per quelle eventuali che, pur avendo natura e requisiti delle predette operazioni, siano diversamente configurate dagli enti e dai soggetti di cui all'articolo 1 deliberatamente con scopi elusivi; dovranno essere indicati il tasso massimo per le operazioni attive e quello minimo per le operazioni passive distinte eventualmente per forma tecnica, durata e classi d'importo, nonche', per le operazioni attive, la misura degli interessi di mora; per l'emissione di titoli andranno indicati il rendimento effettivo nonche' i parametri predeterminati in base ai quali tale rendimento puo' eventualmente variare; 

b) le altre condizioni praticate per le operazioni di credito e di raccolta, ivi comprese le valute applicate per l'imputazione degli interessi a debito e a credito dei clienti; 

c) il prezzo e le altre condizioni praticati per i servizi indicati nell'elenco allegato alla presente legge; 

d) l'importo delle spese per le comunicazioni alla clientela. 


2) Per quanto riguarda i titoli di Stato, il Ministro del Tesoro fissa, sentita la Banca d'Italia, i criteri e i parametri per la determinazione delle eventuali commissioni che gli enti creditizi pongono a carico della clientela in occasione del collocamento nonche' per la trasparente determinazione dei relativi rendimenti; il Ministro del Tesoro stabilisce altresi' gli ulteriori obblighi di pubblicita', trasparenza e propaganda per il pubblico che incombano agli enti creditizi nell'attivita' di collocamento di titoli pubblici. 
3) L'obbligo di pubblicita' di cui al comma 1 non puo' essere soddisfatto mediante rinvio agli usi. 
4) La pubblicita' deve essere attuata con l'esposizione nei locali aperti al pubblico del testo della presente legge nonche' di avvisi sintetici datati e la diffusione in detti locali di fogli informativi analitici e datati da mettere a disposizione del pubblico. Gli avvisi e i fogli informativi devono essere datati e costantemente aggiornati con le modifiche apportate ai tassi, ai prezzi, alle condizioni e alle spese sopra indicati. Copia degli avvisi e dei fogli informativi deve essere conservata per cinque anni agli atti presso la sede legale e le filiali degli enti e dei soggetti di cui all'articolo 1. 
5) Le informazioni rese pubbliche da ciascuno degli enti e dei soggetti di cui all'articolo 1 devono avere identico contenuto inn tutto il territorio nazionale e non costituiscono offerta al pubblico a norma dell'articolo 1336 del codice civile. 
6) Le informazioni di cui al comma 1, lettere a) e c), devono essere parimenti indicate negli annunci pubblicitari e nelle offerte effettuate con qualsiasi mezzo, con cui gli enti e i soggetti di cui all'articolo 1 rendono nota la disponibilita' rispettivamente delle operazioni e dei servizi. 
7) Conformemente alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR), la Banca d'Italia: impartisce istruzioni relative alla forma, al contenuto e alle modalita' delle pubblicazioni; stabilisce criteri uniformi per il calcolo dei tassi d'interesse, degli interessi e degli altri elementi che incidono sul contenuto economico dei rapporti; individua altre operazioni e servizi che si renda opportuno assoggettare agli obblighi di pubblicita' di cui al presente articolo. 




Art. 3 Forma dei contratti (V. art. 3 provv. Banca d'Italia 24 maggio 1992) 

1) I contratti relativi alle operazioni e ai servizi devono essere redatti per iscritto ed un loro esemplare deve essere consegnato ai clienti. 
2) La forma scritta non e' obbligatoria per i contratti riguardanti la prestazione dei servizi che formano oggetto della pubblicita' di cui all'articolo 2, sempreche' il loro prezzo unitario non ecceda l'importo massimo stabilito con decreto del Ministro del tesoro e comunque in sede di prima applicazione, lire 50.000. 
3) Su conforme delibera del CICR, la Banca d'Italia puo' dettare, per motivate ragioni tecniche, particolari modalita' per la forma dei contratti relativi a determinate categorie di operazioni e di servizi. 




Art. 4 Contenuto dei contratti (V. art. 4 provv. Banca d'Italia 24 maggio 1992) 

1) I contratti devono indicare il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizioni praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora. 
2) L'eventuale possibilita' di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicata nel contratto con una clausola approvata specificamente dal cliente. 
3) Le clausole contrattuali di rinvio agli usi sono nulle e si considerano non apposte. 
4) Le clausole che prevedono tassi, prezzi e condizioni piu' sfavorevoli per i clienti di quelli resi pubblici sono multe.


Art. 5 Integrazione dei contratti 

1) Nelle ipotesi di nullita' di cui all'articolo 4, comma 4, nonche' nei casi di mancanza di specifiche indicazioni, si applicano: 
- il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del Tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive; 
- gli altri prezzi e condizioni resi pubblici nel corso della durata del rapporto per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi; in mancanza di pubblicita' nulla e' dovuto. 


Art. 6 Modifica delle condizioni contrattuali

1) I tassi d'interesse, i prezzi e le altre condizioni previsti nei contratti di durata possono essere variati in senso sfavorevole al cliente, purche' ne sia data al medesimo comunicazione scritta presso l'ultimo domicilio notificato. 
2) Nelle ipotesi di cui si proceda a variazioni generalizzate della struttura dei tassi, la comunicazione di cui al comma 1 potra' avvenire in modo impersonale tramite inserzione di appositi avvisi nella Gazzetta Ufficiale. 
3) Su conforme delibera del CICR, la Banca d'Italia puo' prevedere diverse modalita' di comunicazione per le variazioni riguardanti determinate categorie di operazioni e servizi ove cio' sia giustificato da motivate ragioni tecniche. 
4) Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci. 
5) Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta il cliente ha diritto di recedere dal contratto senza penalita' e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle condizioni precedentemente in essere. Ove siano ammesse forme di comunicazione impersonali, il termine suddetto decorre dalla pubblicazione dei relativi avvisi. 


Art. 7 Decorrenza delle valute

1) Per le operazioni passive gli interessi sui versamenti presso un ente creditizio di denaro, di assegni circolari emessi dallo stesso ente creditizio e di assegni bancari tratti sullo stesso sportello presso il quale viene effettuato il versamento devono essere conteggiati con la valuta del giorno in cui e' effettuato il versamento e sono dovuti fino a quello del prelevamento. 


Art. 8 Comunicazioni periodiche alla clientela

1) Nei contratti di durata gli enti e i soggetti di cui all'articolo 1 sono tenuti a fornire per iscritto al cliente, alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all'anno con comunicazione spedita e consegnata entro trenta giorni dalla fine dell'anno solare, una completa e chiara informazione, sui tassi d'interessa applicati nel corso del rapporto, sulla decorrenza delle valute, sulla capitalizzazione degli interessi e sulle ritenute di legge su di esse operate, sulle altre somme a qualisiasi titolo addebitate o accreditate al cliente, nonche' su ogni altro evento ed elemento necessario al cliente per la comprensione dell'andamento del rapporto nel periodo di riferimento. 
2) Per i rapporti regolati in conto corrente il cliente ha diritto di ricevere estratti conto con periodicita' semestrale, trimestrale o mensile. 
3) In mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, gli estratti conto si intendono approvati trascorsi sessanta giorni dal ricevimento degli stessi. 
4) Il cliente ha diritto di ottenere, entro un congruo termine, e comunque non oltre sessanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere a partire dal quinto anno precedente nell'ambito di rapporti di deposito o conto corrrente, con facolta' per gli enti e i soggetti di cui all'articolo 1 di ottenere il rimborso delle spese effettivamente sostenute. 
5) Su conforme delibera del CICR, la Banca d'Italia puo' dettare, per motivate ragioni tecniche, particolari modalita' per le comunicazioni di cui al comma 1. 


Art. 9 Sanzioni

1) Gli imprenditori, gli amministratori, i direttori, i dipendenti, i curatori, i liquidatori e i commissari che non osservano le disposizioni in materia di pubblicita' di cui all'articolo 2 sono puniti con la sanzione pecuniaria da lire 2.000.000 a lire 10.000.000. Gli enti e i soggetti di cui all'articolo 1 rispondono civilmente in solido e sono obbligati ad esercitare il diritto di rivalsa verso i responsabili. si osservano le disposizioni degli articoli 89 e 90 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, nr. 375, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 marzo 1938, nr. 141, e successive modificazioni e integrazioni. 
2) In caso di ripetute violazioni, il CICR, su proposta della Banca d'Italia, puo' disporre la sospensione dell'attivita' di sedi e filiali. 
3) Entro il termine di trenta giorni il testo integrale del provvedimento del Ministro del tesoro di cui all'articolo 90 del citato regio decreto-legge nr. 375 del 1936, convertito, con modificazioni, dalla citata legge nr. 141 del 1938, e successive modificazioni e integrazioni, e' altresi' pubblicato, a cura e spese dell'ente o soggetto trasgressore, su almeno due quotidiani, di cui uno economico, a diffusione nazionale. In caso di inadempienza, la pubblicazione e' disposta dalla Banca d'Italia ed al trasgressore si applica, per questo solo fatto, con la procedura di cui al comma 1, la sanzione pecuniaria di lire 5.000.000 oltre al rimborso delle spese per la pubblicazione. 
4) Alle sanzioni previste dal presente articolo non si applicano le disposizioni degli articoli 16 e 26 della legge 24 novembre 1981, nr. 689. 
5) Al fine di verificare il rispetto delle disposizioni della presente legge, la Banca d'Italia puo' acquisire informazioni ed eseguire ispezioni presso i soggetti di cui all'articolo 1, ovvero richiedere che tali verifiche siano effettuate dalle competenti autorita' di controllo o di vigilanza. 


Art. 10 Fideiussione

1) L'articolo 1938 del codice civile e' sostituito dal seguente: (Omissis) (V. articolo 1938 c.c.) 
2) All'articolo 1956 del codice civile e' aggionto il seguente comma: (Omissis) (V. articolo 1956 c.c.) 


Art. 11 Norme finali

1) Le disposizioni della presente legge sono derogabili solo in senso piu' favorevole al cliente. 
2) Le deliberazioni del CICR e le istruzioni applicative della Banca d'Italia previste dalla presente legge, nonche' il decreto del Ministro del tesoro di cui all'articolo 3, comma 2, devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. 
3) In sede di prima applicazione, le deliberazione del CICR devono essere adottate entro sessanta giorni dalla pubblicazioni della presente legge alla Gazzetta Ufficiale. Nel medesimo termine deve essere emanato il decreto del Ministro del tesoro di cui all'articolo 3, comma 2. Entro i trenta giorni successivi all'adozione dei suddetti provvedimenti, la Banca d'Italia emana le proprie istruzioni applicative. 
4) Le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 1, 2, 4 e 6, all'articolo 3, commi 1 e 2, agli articoli 4, 5 e 6, commi 1, 2, 4 e 5, all'articolo 8, comma 1, e all'articolo 10 acquistano efficacia trascorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (la presente legge e' stata pubblicata nella G.U. del 24 febbraio 1992, nr. 45). 


Allegato (Articolo 2, comma 1) 

OPERAZIONI DI RACCOLTA
Conti correnti liberi; 
conti correnti vincolati (per classi di durata del vincolo); 
libretti di deposito a risparmio liberi; 
libretti di deposito a risparmio vincolati (per classi di durata del vincolo); 
buoni fruttiferi (per classi di durata); 
certificati di deposito (per classi di durata); 
obbligazioni. 

OPERAZIONI DI PRESTITO E FINANZIAMENTO A TASSO ORDINARIO 
Crediti personali; 
cediti ipotecari; 
mutui e finanziamenti a tasso fisso; 
mutui e finanziamenti indicizzati; 
anticipazioni fondiarie ed edilizie; 
somministazioni in conto mutuo; 
crediti agrari; 
affidamenti in conto corrente; 
finanziamenti su portafoglio commerciale; 
sconto di portafoglio; 
anticipi all'esportazione. 

SERVIZI 
Ordini di pagamento a favore di terzi (cd. bonifici); 
depositi di titoli a semplice custodia; 
depositi di titoli a custodia ed amministrazione; 
gestione di patrimoni mobiliari; 
negoziazione di titoli (di Stato, obbligazionari, azionari); 
servizio titoli (pagamento dividendi o cedole; rimborso titoli scaduti o estratti); 
servizi di incasso effetti, documenti assegni; 
pagamento utenze, contributi e tributi; 
acquisto e cambio di valute estere; 
rilascio di travellers cheques in divisa estera; 
pagamento o negoziazione di assegni turistici in divisa estera; 
locazione cassette di sicurezza e depositi chiusi; 
carte di credito; 
versamento e prelivo di contante presso sportelli automatici. 
Raccolta di sentenze dopo la pronuncia della:
Corte di Cassazione n. 350/2013 
ha ribadito la soggezione del tasso moratorio al limite del tasso soglia previsto dalla legge sull’usura.

L’affermazione della soggezione degli interessi moratori alla legge sull’usura è tautologica (è come dire che i quadrilateri hanno quattro lati), ed è probabile che la Corte, incidenter tantum, abbia voluto ribadire solo il concetto generale dell’assoggettabilità di ogni remunerazione contrattuale alla legge sull’usura; la lettura della scarna motivazione della sentenza non chiarisce sicuramente se la Corte abbia inteso affermare invece la soggezione alla legge sull’usura degli interessi moratori in aggiunta (con somma aritmetica) agli interessi corrispettivi, il che è il reale problema che si pone.

Una nutrita serie di sentenze hanno comunque affermato che gli interessi moratori (singolarmente assoggettati alla legge sull’usura) non si devono sommare ai corrispettivi per il calcolo del superamento del tasso soglia, avendo una funzione diversa; gli interessi corrispettivi sono remuneratori, quelli moratori sono collegati all’inadempimento e quindi con una funzione punitiva, quale è quella delle clausole penali in genere.

Tra le molte pronunce giurisprudenziali, che hanno affermato che gli interessi moratori non si debbano sommare a quelli corrispettivi, si segnalano:

Tribunale di Padova, sez. II 10 marzo 2015:
"In materia di mutuo e interessi usurari, il tasso di mora deve essere tenuto in conto ai fini della valutazione della usurarietà, nel senso che il Giudice deve verificare se il tasso convenzionale e quello di mora singolarmente considerati superino o meno il tasso soglia".

Tribunale di Reggio Emilia, sez. II, sent. n. 304 24 febbraio 2015:
"Ove il superamento del tasso soglia riguardi solo gli interessi moratori, la nullità ex art. 1815 comma 2 c.c. colpisce unicamente la clausola concernente i medesimi interessi moratori, senza intaccare l'obbligo di corresponsione degli interessi corrispettivi convenzionalmente fissati al di sotto della soglia".

Tribunale di Milano, sez. VI 12 febbraio 2015:
"È infondata la contestazione relativa al superamento del tasso soglia da parte del cumulo di interessi corrispettivi e moratori in quanto l'autonoma verifica di rispetto della soglia di usura va parallelamente condotta con riferimento ai due tassi, che assolvono a funzioni diverse".

Tribunale di Padova 27 gennaio 2015:
"Ai fini della verifica del mancato superamento del tasso soglia dell'usura non è corretta l'operazione di sommatoria dei tassi d'interesse corrispettivo e moratorio previsti contrattualmente, o in un certo momento applicati, al fine di confrontare il risultato con il tasso soglia vigente, né simile operazione ha mai ricevuto l'avallo della Cassazione nella sentenza 09.01.2013 n. 350".

Tribunale di Cremona 09 gennaio 2015:
"In materia di contratti di finanziamento ai fini della verifica dell'usura non si può procedere alla somma aritmetica degli interessi corrispettivi e degli interessi di mora ed il momento fisiologico del rapporto e quello patologico devono essere distintamente considerati ai fini della suddetta verifica".

Tribunale di Treviso, sez. II 09 dicembre 2014:
"Gli interessi corrispettivi e quelli moratori non possono essere considerati unitariamente, attraverso la semplice somma aritmetica, al fine di verificare l'eventuale superamento del tasso soglia dell'usura. Le due specie di interessi sono infatti distinte, in quanto quelli corrispettivi remunerano la mutuante della messa a disposizione del denaro e costituiscono il corrispettivo del diritto del mutuatario a godere della somma capitale erogata in conformità al piano di ammortamento; gli interessi di mora hanno, invece, funzione sostanzialmente risarcitoria, di liquidazione in via preventiva del danno patito dal mutuante per l'inadempimento del mutuatario rientrano e, come tali, nel novero delle prestazioni accidentali, prive di carattere corrispettivo, che vengono in rilievo solo nella eventuale fase patologica del rapporto in conseguenza dell'inadempimento del debitore".
ARTICOLO 1284 C.C.

Saggio degli interessi
Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5 per cento in ragione d'anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell'anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l'anno successivo. (1)
Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura.
Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale. 
Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. (3)
La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale. (3)
(2)
 
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(1) Il presente comma è stato così sostituito prima dall'art. 1, L. 26.11.1990, n. 353 e poi dall'art. 2, comma 185, L. 23.12.1996, n. 662, con decorrenza dal 01.01.1997. Si riporta di seguito il testo previgente:
"Il saggio degli interessi legali è del dieci per cento in ragione di anno".
(2) La misura del saggio degli interessi legali di cui al presente articolo è stata fissata:
- al 2,5 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 1, DM 10.12.1998 (G.U. 11.12.1998, n. 289);
- al 3,5 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.2001, in virtù di quanto disposto dall'art. 1, DM 11.12.2000 (G.U. 15.12.2000, n. 292);
- al 3,0 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.2002, in virtù di quanto disposto dall'art. 1, DM 11.12.2001 (G.U. 14.12.2001, n. 290);
- al 2.5 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.2004, in virtù di quanto disposto dall'art. unico, DM 01.12.2003 (G.U. 10.12.2003, n. 286);
- al 3 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.2008, in virtù di quanto disposto dall'art. unico, DM 12.12.2007 (G.U. 15.12.2007, n. 291);
- all'1% in ragione d'anno con decorrenza dal 1° gennaio 2010, in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.M. 04.12.2009 (G.U. 15.12.2009, n. 291);
- all'1,5% in ragione d'anno con decorrenza dal 1° gennaio 2011, in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.M. 07.12.2010 (G.U. 15.12.2010, n. 292);
- all'2,5% in ragione d'anno con decorrenza dal 1° gennaio 2012, in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.M. 12.12.2011 (G.U. 15.12.2011, n. 291);
- all'1% in ragione d'anno con decorrenza dal 1° gennaio 2014 , in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.M. 12.12.2013 (G.U. 13.12.2013. n. 292);
- allo 0,5 per cento in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2015, in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.M. 11.12.2014 (G.U. 15.12.2014, n. 290);
- allo 0,2 per cento in ragione d’anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.M. 11.12.2015 (G.U. 15.12.2014, n. 291).
(3) Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 17, D.L. 12.09.2014, n. 132 con decorrenza dal 13.09.2014 ed effetti rispetto ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore [11.11.2014] della L. 10.11.2014, n. 162, di conversione del suddetto decreto.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Sentenza 19 gennaio 2016, n. 801
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio - Presidente -

Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -

Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -

Dott. DE CHIARA Carlo - rel. Consigliere -

Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza
sul ricorso proposto da:

M.G. (C.F. (OMISSIS)) e S.A. (C.F. (OMISSIS)), rappresentati e difesi, per procura speciale a margine del ricorso, dagli avv.ti Baldari Antonio, Loretta Russo e Aldo Bernardoni (C.F. BRNLDA63R16A944B) ed elett.te dom.ti presso lo studio dell'avv. Giuseppe Romano Amato in Roma, Via Guidubaldo del Monte n. 61;

- ricorrenti -

contro

BANCO DI SICILIA S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in persona del responsabile del Department Legale avv. G.M., giusta procura conferita dall'amministratore delegato con atto del notaio Ugo Serio del 25 novembre 2008, rep. 71941, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall'avv. Pavone Cocuzza Antonio ed elett.te dom.ta presso lo studio dell'avv. Marotta Nicola in Roma, Via Lima n. 48;

- controricorrente -

contro

SICILCASSA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA (C.F. (OMISSIS)), in persona dei commissari liquidatori dott. P. C. e avv. Vito Faggella, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall'avv. Prof. Girolamo Bongiorno ed elett.te dom.ta presso lo studio dell'avv. Nicola Marotta in Roma, Via Lima n. 48;

- controricorrente -

e contro

UNICREDIT S.P.A. - intimata -

avverso la sentenza n. 1164/08 della Corte d'appello di Palermo depositata il 16 settembre 2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 settembre 2015 dal Consigliere dott. Carlo DE CHIARA;

udito per i ricorrenti l'avv. Aldo BERNARDONI;

udito per la controricorrente Banco di Sicilia s.p.a. l'avv. S. PAVONE, per delega;

udito per la contro ricorrente SICILCASSA s.p.a. in l.c.a. l'avv. Girolamo BONGIORNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.


Svolgimento del processo

Nel settembre 2000 i sig.ri M.G. e S.A. convennero davanti al Tribunale di Palermo la Sicilcassa s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa e il Banco di Sicilia s.p.a., chiedendo dichiararsi, in relazione a un contratto di mutuo ipotecario stipulato con la prima, la nullità della pattuizione di interessi ultralegali eccedenti il tasso soglia di cui alla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2 e condannarsi le banche convenute - la seconda delle quali era subentrata nelle ragioni della prima in virtù di atto di cessione conseguente alla messa in liquidazione coatta amministrativa della stessa - alla restituzione delle somme indebitamente versate dagli attori, nonchè al risarcimento del danno per l'illegittima segnalazione della sofferenza alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia.

Le convenute resistettero.

Il giudizio, dichiarato interrotto a seguito dell'incorporazione del Banco di Sicilia da parte della Banca di Roma s.p.a., poi denominata Capitalia s.p.a., la quale aveva a sua volta ceduto il ramo d'azienda interessato ad una nuova società denominata "Banco di Sicilia Società per Azioni" (di seguito semplicemente Banco di Sicilia), venne riassunto nei confronti di quest'ultima, che si costituì, e di Capitalia s.p.a. (poi divenuta Unicredit s.p.a.), che rimase contumace.

Il Tribunale, con sentenza del 6 marzo 2006, dichiarò improcedibili le domande in quanto proposte nei confronti della Sicilcassa in l.c.a., dovendo ogni pretesa creditoria nei confronti di questa essere accertata nell'ambito della procedura concorsuale a cui era sottoposta, ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (T.U.B.), art. 83, commi 1 e 3, e rigettò le domande in quanto proposte nei confronti del Banco di Sicilia.

La Corte d'appello di Palermo, adita dai soccombenti, ha confermato la sentenza di primo grado, condividendone la motivazione di improcedibilità delle pretese rivolte contro la Sicilcassa ed osservando inoltre che:

- con riferimento all'applicazione dei tassi soglia individuati ai sensi della L. n. 108 del 1996 cit., il Banco di Sicilia era privo di legittimazione passiva, trattandosi nella specie di rapporto di mutuo sorto con la Sicilcassa, in cui il Banco era succeduto quale cessionario ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 90, comma 2, cit., e del quale rispondeva pertanto - ai sensi di detta disposizione e dello stesso atto di cessione - nei limiti delle sole passività risultanti dallo stato passivo, che non contemplava il credito degli appellanti;

- comunque detta pretesa era infondata ai sensi della norma d'interpretazione autentica della L. n. 108 del 1996, cit., introdotta dal D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1 conv., con modif., in L. 28 febbraio 2001, n. 24, ai sensi della quale si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla predetta legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento; con la conseguenza che i tassi soglia di cui alla richiamata L. n. 108 non potevano essere applicati al mutuo in esame, stipulato nel 1987 prima della sua entrata in vigore; e ciò benchè quello in questione fosse un mutuo a tasso variabile, applicandosi la norma interpretativa anche a tale categoria contrattuale, per la quale il carattere usurario potrebbe derivare dalla previsione di uno spread eccessivo (ipotesi peraltro da escludere nella specie, secondo la Corte d'appello, essendo stato previsto uno spread di un solo punto percentuale rispetto a parametri commisurati all'andamento del costo del denaro);

- la richiesta di accertamento della nullità degli addebiti per interessi derivante dalla asserita differenza tra tasso nominale e tasso effettivo era inammissibile, così come statuito dal Tribunale, attesa la genericità e apoditticità delle allegazioni degli appellanti come proposte nella relazione del loro consulente tecnico di parte dott.ssa G., in particolare delle ragioni per le quali si arriverebbe a un tasso effettivo del 21,72 % semestrale;

- correttamente il Tribunale aveva ritenuto tardiva la domanda di accertamento della nullità dell'applicazione di interessi anatocistici, in violazione dell'art. 1283 c.c., che era stata formulata dagli attori soltanto in sede di precisazione della conclusioni; nè poteva invocarsi il potere del giudice di rilevare la nullità anche d'ufficio, atteso che tale potere va coordinato con il principio della domanda, onde, allorchè sia la parte a chiedere la dichiarazione di nullità di un atto pregiudizievole, il giudice non può tener conto che delle ragioni di nullità tempestivamente allegate dalla parte medesima;

- in ogni caso la pretesa era infondata nel merito in quanto, trattandosi di mutuo fondiario disciplinato dal T.U. approvato con R.D. 16 luglio 1905, n. 646, l'anatocismo era consentito ai sensi dell'art. 38 T.U. cit., confermato dalle successive disposizioni di cui al D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, art. 14 e alla L. 6 giugno 1991, n. 175, art. 16;

- la domanda di risarcimento per indebita segnalazione della sofferenza alla Centrale rischi presso la Banca d'Italia, in quanto proposta nei confronti del Banco di Sicilia, era inammissibile a causa della tardi vita dell'integrazione delle originarie, generiche deduzioni degli attori: integrazione eseguita da questi ultimi allorchè era già scaduto il termine di trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande eccezioni e conclusioni concesso dal Giudice Istruttore all'udienza del 29 ottobre 2001, essendo avvenuta, quanto all'indicazione del responsabile nel Banco di Sicilia, soltanto con la memoria di replica depositata il 27 dicembre 2001 e, quanto alla precisazione del danno nella riduzione del fido concesso dalla Banca Nazionale del Lavoro a una società interamente partecipata dagli attori e in una difficoltà con il ceto bancario, soltanto con la memoria depositata il 16 aprile 2002 unitamente a una nutrita produzione documentale ai sensi dell'art. 184 c.p.c.;

- in ogni caso, la domanda era anche infondata giacchè la banca non aveva preteso somme superiori a quelle effettivamente dovute, per quanto già osservato in precedenza, e la segnalazione è dovuta allorchè il debitore versi in stato di insolvenza, ossia in uno stato oggettivo di difficoltà economico-finanziaria, pur non ancora accertato giudizialmente.

I sig.ri M. e S. hanno proposto ricorso per cassazione con sette motivi di censura. La Sicilcassa in l.c.a. e il Banco di Sicilia hanno resistito con distinti controricorsi. Tutte le parti costituite hanno anche presentato memorie.


Motivi della decisione

1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione della L. n. 108 del 1996, artt. 1 e 4 del D.L. n. 394 del 2000, art. 1 conv.

in L. n. 24 del 2001, e dell'art. 1815 c.c. e art. 644 c.p., si ribadisce che la norma d'interpretazione autentica di cui al D.L. n. 394 del 2000, cit., è applicabile ai soli rapporti di mutuo a tasso fisso, non anche ai mutui a tasso variabile stipulati anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, come quello oggetto di causa.

Tanto scaturirebbe, secondo i ricorrenti, dalla lettura del D.L. cit., art. 1, comma 1 in coordinamento con il secondo comma, che espressamente si riferisce ai soli mutui a tasso fisso, nonchè dall'intenzione del legislatore quale risultante dalla relazione illustrativa del decreto legge, che a sua volta argomenta in particolare con riguardo ai mutui a tasso fisso.

1.1. - Il motivo è infondato.

Conviene riportare anzitutto il testo dei primi due commi del D.L. n. 394 del 2000, art. 1:

"1. Ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.

2. In considerazione dell'eccezionale caduta dei tassi di interesse verificatasi in Europa e in Italia nel biennio 1998-1999, avente carattere strutturale, il tasso degli interessi pattuito nei finanziamenti non agevolati, stipulati nella forma di mutui a tasso fisso rientranti nella categoria dei mutui, individuata con il D.M. Tesoro, del bilancio e della programmazione economica previsto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 2 in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, è sostituito, salvo diversa pattuizione più favorevole per il debitore, dal tasso indicato al comma 3. Il tasso di sostituzione è altresì ridotto all'8 per cento con riferimento ai mutui ovvero a quote di mutuo di importo originario non superiore a L. 150 milioni, o all'equivalente importo in valuta al cambio vigente al momento della stipulazione del contratto, accesi per l'acquisto o la costruzione di abitazioni, diverse da quelle rientranti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per i quali spettano le detrazioni di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 911, ART. 13, comma 1, lett. b) e al comma 1-ter e successive modificazioni. La sostituzione di cui al presente comma non ha efficacia novativa, non comporta spese a carico del mutuatario e si applica alle rate che scadono successivamente al 2 gennaio 2001.".

La norma d'interpretazione autentica è contenuta esclusivamente nel primo comma, che non distingue fra tassi fissi e tassi varibili. Il riferimento ai tassi fissi è contenuto soltanto nel comma 2, che reca una norma del tutto diversa, di carattere dispositivo, non già interpretativo. Se il legislatore avesse inteso riferire anche la norma di cui al comma 1 ai soli tassi fissi, lo avrebbe esplicitato così come ha fatto nel comma 2.

Nè è decisivo che nella relazione governativa di accompagnamento del decreto legge si faccia riferimento, illustrando la norma d'interpretazione autentica, ai mutui a tasso fisso. Quel riferimento, infatti, ha carattere meramente esemplificativo, giustificato dall'esigenza di motivare il dissenso dalla diversa interpretazione data, in proposito, della disciplina di cui alla L. n. 108 del 1996 da Cass. 14899/2000 - espressamente richiamata nella relazione - riferita appunto ai mutui a tasso fisso. Che il problema del superamento del tasso soglia in corso di rapporto si sia posto, storicamente, per i tassi determinati convenzionalmente in misura fissa (la cui rigidità non permette di assorbire le conseguenze dell'eventuale calo dei tassi di riferimento utilizzati per la determinazione del tasso soglia ai sensi della L. n. 108 del 1996, art. 2), non toglie che in astratto esso possa porsi anche per i tassi determinati in misura variabile (come, del resto, è stato già implicitamente riconosciuto da questa Corte nella sentenza n. 22204 del 2013).

La norma interpretativa in esame, che attribuisce rilevanza, ai fini della qualificazione usuraria dei tassi, al momento della loro pattuizione piuttosto che al momento del pagamento degli interessi, comporta l'inapplicabilità del meccanismo dei tassi soglia alle pattuizioni di interessi stipulate - come nel caso che ci occupa - in data precedente all'entrata in vigore della L. n. 108, cit., ancorchè riferite a rapporti perduranti anche dopo tale data, come da questa Corte riconosciuto in plurime occasioni (cfr. Cass. 22204/2013, cit., 26499/2009, 6514/2007, 5004/2005, 4380/2003, 17813/2002, 13868/2002, 8742/2001; contra Cass. 603/20013 e 602/2013, coeve, che però non contengono riferimenti alla norma interpretativa in esame).

I ricorrenti deducono, inoltre, la incostituzionalità di una lettura della norma interpretativa inclusiva dei tassi d'interesse variabili, perchè sarebbe irragionevole che il legislatore si sia preoccupato di prevedere, nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1 tassi sostitutivi di favore per i mutuatari a tasso fisso, e non si sia invece preoccupato di eventuali mutuatari a tasso variabile per i quali il tasso sia divenuto usurario in epoca successiva alla stipula.

A tale rilievo è sufficiente rispondere che il legislatore, con l'intervento in favore dei mutuatari a tasso fisso, di cui al D.L. cit., art. 1, comma 2 ha inteso porre rimedio a una situazione eccezionale di particolare sperequazione storicamente verificatasi a danno di tale categoria di operatori economici e non anche dei mutuatari a tasso variabile, onde nessuna irragionevolezza è ipotizzabile.

I ricorrenti osservano, infine, che l'estensione della norma interpretativa in discussione ai tassi variabili legittimerebbe una sorta di usura legale, riconoscendosi in tal modo alle banche e agli altri soggetti finanziatori la facoltà di adottare, callidamente, paramentri di riferimento tali da spingere prevedibilmente, in futuro, oltre la soglia della usurarietà il tasso applicabile. Ma l'argomento, per la sua vaghezza, ha scarso pregio sul piano ermeneutico, senza considerare che il concetto di "usura legale", se può avere qualche efficacia evocativa sul piano socioeconomico, e dunque de iure condendo, non ha alcun senso de iure condito, essendo appunto la legge a stabilire cosa sia e cosa non sia usura.

2. - Con il secondo motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione, si censura la valutazione di apoditticità e genericità della consulenza di parte che determinava nel 21,72% semestrale il tasso effettivo globale.

2.1. - Il motivo è inammissibile per difetto della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, previsto a pena d'inammissibilità dall'art. 366 bis c.p.c. (nella specie ancora applicabile, risalendo la pubblicazione della sentenza impugnata a data anteriore all'entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, che l'ha abrogato) e inteso come requisito formale del ricorso dalla giurisprudenza di questa Corte, per la quale la censura ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto, previsto per le censura ai sensi dell'art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (per tutte, Cass. Sez. Un. 20603/2007).

Tale "momento di sintesi" è nella specie del tutto mancante.

3. - Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 1283 c.c., R.D. n. 646 del 1905, art. 38 e D.P.R. n. 7 del 1976, art. 14 nonchè vizio di motivazione, si lamenta che la Corte d'appello, nel rigettare la domanda di nullità dell'addebito di interessi anatocistici, abbia affermato la legittimità dell'applicazione di questi ultimi, secondo la disciplina speciale del credito fondiario, sulla base di un accertamento in fatto gravemente deficitario, non avendo considerato che il contratto di mutuo era stato risolto dalla banca con raccomandata del 6 ottobre 1997; dal che conseguiva l'applicazione del principio di diritto, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale alla banca mutuante è dovuto, a seguito della risoluzione, soltanto il pagamento delle rate di mutuo insolute e del capitale residuo alla data della risoluzione stessa, oltre agli interessi di mora, che non vanno dunque calcolati sulla quota interessi delle rate a scadere.

3.1. - Il motivo è inammissibile.

La domanda riguardante l'anatocismo era stata formulata quale richiesta di accertamento della nullità ed inefficacia, in riferimento all'art. 1418 c.c., comma 1, degli addebiti per capitalizzazioni di interessi applicati nel rapporto di mutuo de quo agitur per violazione dell'art. 1283 c.c., e solo per l'effetto veniva formulata altresì la richiesta di accertare e dichiarare l'applicazione al rapporto in esame di capitalizzazioni di interessi corrispettivi e moratori in violazione dell'art. 1283 c.c. (così, testualmente, le conclusioni degli appellanti trascritte nella sentenza di appello).

Il divieto di anatocismo, perciò, era invocato quale causa di nullità della relativa clausola contrattuale ai sensi dell'art. 1418 c.c., comma 1, e a tale pretesa si è riferita, correttamente, la Corte d'appello. Nella giurisprudenza di legittimità richiamata dai ricorrenti (Cass. Sez. Un. 12639/2008, Cass. Sez. 1 20449/2005), invece, non viene affatto affermata la nullità delle clausole anatocistiche dei contratti di mutuo fondiario (come disciplinati dalla legislazione anteriore al T.U.B., e in particolare dal D.P.R. n. 7 del 1976, art. 14 che prevede il calcolo degli interessi di mora anche sulla quota interessi delle rate scadute, così ammettendo una forma di anatocismo), ma viene semplicemente chiarito che, una volta che la banca abbia esercitato il potere di risolvere unilateralmente il rapporto avvalendosi della clausola risolutiva espressa di cui all'art. 15 D.P.R. cit., sul capitale residuo alla data della risoluzione - che il mutuatario deve rimborsare immediatamente per effetto della stessa - non vanno calcolati interessi composti, essendo venuta meno per l'avvenire, per effetto appunto della risoluzione, la rateizzazione a base della previsione anatocistica di cui all'art. 14.

La questione cui si riferisce la giurisprudenza invocata dai ricorrenti, dunque, è questione diversa da quella dai medesimi proposta nel giudizio di merito, che non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità.

4. - Con il quarto motivo, denunciando violazione degli artt. 1418 e 1421 c.c. e artt. 99 e 112 c.p.c., si censura l'ulteriore ratio della decisione negativa sulla domanda di nullità dell'applicazione di interessi anatocistici, consistente nella conferma della tardività della deduzione in giudizio di tale domanda, sull'assunto che le questioni di nullità del contratto ai sensi dell'art. 1418 c.c., comma 1, sono rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo.

4.1. - Il motivo è assorbito dalla declaratoria di inammissibilità del motivo precedente, attinente, come si è visto, alla ulteriore, autonoma ratio decidendi concernente la medesima domanda e consistente nella infondatezza della stessa.

5 - Con il quinto motivo, denunciando violazione degli artt. 1321, 1325 e 1346 c.c., si deduce che il tasso d'interesse del mutuo era privo dei requisiti di determinabilità di cui all'art. 1346 c.c., essendovi discrepanza tra il tasso indicato in contratto e quello effettivo, risultante dallo sviluppo del piano di ammortamento secondo i calcoli del consulente tecnico di parte dott.ssa G..

5.1. - Anche tale censura è inammissibile, perchè presuppone che il tasso effettivo corrispondesse a quello calcolato dal consulente di parte; i cui calcoli, però, sono stati disattesi dai giudici di merito, a causa della loro genericità e apoditticità, con statuizione che non è stata censurata adeguatamente - come si è visto - con il secondo motivo di ricorso.

6. - Con il sesto motivo, denunciando violazione dell'art. 1218 c.c. e vizio di motivazione, si censura il mancato accoglimento della domanda di risarcimento per l'indebita segnalazione della sofferenza alla Centrale Rischi della Banca d'Italia. Vengono contestate entrambe le rationes decidendi - di inammissibilità e di infondatezza della domanda - su cui si basa la sentenza impugnata.

6.1. - Il motivo è inammissibile perchè è inammissibile la censura della ratio decidendi consistente nella infondatezza della domanda (il che assorbe, com'è noto, ogni ulteriore questione anche con riferimento all'altra, autonoma ratio decidendi).

Infatti il quesito di diritto ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., che conclude l'illustrazione del motivo in esame, è formulato nei seguenti termini: Se la segnalazione da un intermediario bancario autorizzato alla Centrale dei Rischi di Banca d'Italia di un rischio c.d. a sofferenza relativo ad una esposizione debitoria insussistente ovvero riveniente da titolo nullo ovvero illecito, ovvero in misura superiore a quella effettivamente sussistente, ovvero nella inesistenza di una situazione sostanzialmente equiparabile alla insolvenza in capo al soggetto segnalato, costituisca fatto illecito contrattuale fonte di danno risarcibile ai sensi dell'art. 1218 c.c..

In esso si danno dunque per scontati presupposti invece smentiti dagli accertamenti dei giudici di merito, invano censurati con i precedenti motivi di ricorso, ovvero accertamenti di fatto da contrastare, semmai, mediante la acconcia formulazione di una idonea censura di vizio di motivazione: censura però non contenuta nel motivo in esame, difettando tra l'altro il "momento di sintesi" di cui si è avuto occasione di parlare in precedenza.

7. - Con il settimo motivo, denunciando violazione D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 90, comma 2, e vizio di motivazione, si contesta che tale norma precluda anche la domanda di accertamento della nullità.

7.1. - Il motivo è assorbito dall'esito negativo dello scrutinio riguardante i precedenti motivi, da cui deriva l'esclusione nel merito delle dedotte nullità contrattuali.

8. - Il ricorso va in conclusione respinto, con condanna dei soccombenti alle spese processuali, liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese processuali, liquidate in Euro 6.700,00, di cui Euro 6.500,00 per compensi di avvocato, oltre spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 settembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2016 
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